Mancini – Hecking, il tedesco vince due volte la partita a scacchi

Shaqiri prima della partita di andata l’aveva detto: “Mancini sa come preparare queste partite”. I tifosi ci avevano sperato, anche creduto dopo la netta sconfitta, andando in più di 42mila (che di questi tempi è come avere lo stadio pieno) a sostenere i nerazzurri sperando in una notte più fortunata rispetto a quella di due anni fa, contro il Tottenham.

La triste serata, che al dire il vero è ormai un’abitudine, del pacchetto arretrato nerazzurro ha fin dal 20′ impedito ogni sogno di gloria. Ma analizzando sul piano tattico la gara, si può notare come la debacle non sia imputabile unicamente alle troppe concessioni lasciate dalla linea difensiva o da errori di singoli giocatori, ma dall’impostazione tattica generale.

Mancini, nei 180′, ha sbagliato molto, tanto, quasi tutto quello che c’era da sbagliare a dire il vero. Senza parlare troppo della gara in trasferta (dove gli errori principali furono l’inserimento di Vidic per Hernanes e l’aver voluto impostare la gara sui traversoni alti piuttosto che sul puntare una difesa che, sebbene fisicamente insuperabile, se puntata avrebbe mostrato tutte le sue crepe) concentriamoci sulla prestazione di ieri sera.

Il 4-2-3-1, mascherato ieri sera da 4-4-2, su cui Mancini si sta imputando in questa sua seconda avventura nerazzurra sta dando più problemi e tristezza che vere e proprie soddisfazioni. Gli uomini per fare questo tipo di modulo, in rosa, non ci sono attualmente. Hernanes e Kovacic, due playmaker, schierati ali non possono certamente rendere come saprebbero. L’idea, basilare, era anche interessante: schierare in fascia i due giocatori più abili nel dribbling per puntare la difesa avversaria e creare superiorità. Purtroppo però, l’unico ad effettuare dei dribbling pericolosi, alla fine, è stato il solito Santon, che in ogni partita almeno una sgroppata palla al piede se la fa. Il croato e il brasiliano alla fine non sono stati messi in condizione di rendere come sanno, almeno non nei primi 45′. Dovendo sempre giocare con le spalle alla porta, quando loro sono giocatori che devono, ce l’hanno nel sangue, giocare guardando la porta, vedendo i movimenti dei compagni e potendoli così assisterli al meglio.

Essendo, però, convinto che i grandi giocatori devono sapere svolgere più ruoli, probabilmente Mancini non cambierà a breve questa sua concezione sebbene, però, nessuno immaginerebbe di schierare Pirlo ala o di riproporlo da trequartista, sapendo come può rendere da regista.

Altro errore tattico, che aumenta la critica verso il modulo iniziale scelto ieri sera, è quello dei soli 2 centrocampisti a proteggere la difesa, una difesa che non ha mai dato l’impressione di poter reggere il confronto con gli attacchi avversari (in generale, non solo ieri sera). Mettere Medel come vertice basso, in un’ipotetico 4-3-3 o 4-3-1-2, avrebbe dato qualche problema in più a De Bruyne, che invece è stato lasciato libero di fare quel che voleva e, infatti, non è un caso che la rete del vantaggio tedesco nasca da una sua intuizione.

Rimane il fatto che, in ogni caso, al di là del modulo tattico e di tutti i discorsi che si possono fare a posteriori, l’Inter vista ieri sera non ha di certo fatto la gara perfetta, come si augurava il tecnico jesino in conferenza stampa, ma non ha nemmeno avuto la sorte dalla sua, con 3-4 occasioni nitide avute per riaprire i giochi malamente sciupate o incredibilmente respinte da un super Benaglio, come ammesso dallo stesso Hecking.

Mancini, ora, dovrà capire se ha senso proseguire con le sue convinzioni, cioè che i giocatori devono sapere giocare ovunque o se forse, in un periodo di magra, è il caso di prendere i propri calciatori e schierarli nel ruolo dove meglio rendono. Hernanes, nella ripresa, giocando da trequartista ha imbeccato perfettamente Palacio per il gol del pari. Citando Albert Einstein: “Io, come Dio, non gioco ai dadi, e non credo nelle coincidenze”.

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