GdS – 100 days of Mancio, parla Bergomi: “C’è da migliorare qualcosa ma la mentalità è quella giusta”

I primi 100 giorni di Mancini nella sua seconda vita da allenatore nerazzurro hanno visto l’alternanza di luci e ombre soprattutto dal punto di vista dei risultati, ancora discontinui e talvolta sotto le aspettative. Bisogna però ammettere che andando oltre la sterilità dei numeri emergono degli spunti positivi di riflessione, come specificato da Beppe Bergomi nella sua analisi riportata sulle colonne de La Gazzetta dello Sport.

L’ex difensore nerazzurro ha commentato proprio questa prima fase di lavoro del tecnico di Jesi, apprezzando per prima cosa l’intenzione subito attuata dall’allenatore di imporre ai suoi giocatori una mentalità nuova e da grande squadra, cercando inoltre di adeguare alla propria idea di calcio i giocatori presenti in rosa.

Partito dal 4-3-3 messo in campo all’esordio nel derby con qualche incognita tattica (ad esempio Kovacic esterno d’attacco), Mancini ha subito virato su un 4-3-1-2 accentrando il croato nella posizione di trequartista prima di passare poi a gennaio con gli innesti del mercato al suo preferito 4-2-3-1 che almeno in un primo momento ha assicurato grande dinamismo offensivo e pericolosità.

La difficoltà è rimasta nelle retrovie dove a lungo andare si è sofferta troppo la propensione all’attacco e i soli mediani Guarin e Medel sono finiti troppo spesso in balia del centrocampo avversario. L’esigenza di attendere Shaqiri per un paio di partite in attesa del ritmo atletico e il calo fisico di Podolski hanno spinto il Mancio a tornare al 4-3-1-2 con alcune novità.

Fondamentale l’innesto in mezzo al campo di Brozovic che si è rivelato subito essenziale per la sua duttilità e la sua capacità di svolgere tutti i compiti in mezzo al campo e utile l’inserimento sulla fascia di Santon che ha mostrato chiaramente come le circa 100 partite in Premier League l’abbiano fatto crescere tatticamente e tecnicamente.

Ovviamente non si può escludere l’importanza proprio di Shaqiri che, portato nella posizione di trequartista si è reso ancora più utile di quando è stato impiegato da esterno visto che nella mattonella del 10 lo svizzero ha modo di svariare liberamente lungo tutto il fronte d’attacco risultando una vera spina nel fianco per le difese avversarie.

Il cambio di modulo ha anche valorizzato l’importanza di Medel nel dare equilibrio davanti alla difesa e il talento di Guarin da interno e incursore grazie al sostegno garantito proprio da Brozovic a centrocampo anche se queste scelte hanno portato all’esclusione di nomi in passato inamovibili come Hernanes, Vidic e Kovacic.

Unica pecca vera e propria la scarsa solidità difensiva con troppi gol subiti e soprattutto numerose situazioni in cui la mancanza di attenzione o semplici ingenuità sono costate reti subite anche in pieno recupero come accaduto contro Torino, Napoli in Coppa e Celtic ma su questo aspetto Mancini avrà modo di lavorare perchè è un discorso più di reparto che di carattere individuale.

Il prosieguo della stagione servirà all’allenatore a limare queste imperfezioni e proseguire in quella idea di gioco che se messa in pratica come nelle sue intenzioni permetterà all’Inter di tornare grande.

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