CorSera – Rummenigge: ”Che nostalgia la mia Inter”

Karl-Heinze Rummenigge è stato senza dubbio uno dei più grandi giocatori che i tifosi interisti hanno potuto ammirare ed, a trent’anni di distanza dal suo approdo in Italia, Kalle non dimentica quegli anni vissuti a Milano: ”Nel 1984, anno del mio approdo in nerazzurro, avevo avuto richieste da Real e Barcellona ma il campionato italiano mi aveva sempre affascinato. Si sentiva che il calcio in Italia era un fatto importantissimo e la gente era orgogliosa delle proprie squadre. All’Inter ho passato tre anni meravigliosi sia per me che per la mia famiglia. Peccato non essere riusciti a vincere per via di un pò di fortuna compreso il mio infortunio al tendine dell’1 febbraio ’87 a Brescia che sancì la fine della mia stagione e della mia esperienza italiana”.

Un’epoca diversa da quella attuale, nella quale le squadre di Milano e tutta la Serie A in generale sono palesemente a livello inferiore rispetto a diversi campionati europei: ”Con un pò di pazienza Inter e Milan torneranno in alto – prosegue Rummenigge – Non ho dimenticato che in passato guardavo i due club con molta invidia perchè erano forti e vincenti. I nerazzurri hanno toccato il loro apice nel 2010 con il Triplete proprio in finale a Madrid contro di noi. Ora si tratta di ricostruire, servono molta calma e idee chiare”.

Idee che il club di cui guida il consiglio d’amministrazione ha ben definite: ”Sono d’accordo con Moratti quando ha detto che la forza trainante di una società sia propria la squadra. Sono convinto che l’elemento essenziale siano i risultati sportivi e quindi trattenendo i migliori giocatori. La svolta nella nostra storia recente è stata la rinuncia a cedere Ribery un anno dopo il suo arrivo. Il 99% delle squadre avrebbero accettato la super offerta che abbiamo ricevuto ma noi volevamo vincere e creare un ciclo importante di vittorie”.

Infine una riflessione sul ruolo del calciatore e di quanto sia cambiato nel corso degli anni: ”Sono convinto che fare il calciatore oggi sia molto più difficile rispetto ai miei tempi perchè si tratta di sopportare più ruoli, da quello dell’atleta a quello di uomo di spettacolo e d’esempio per i giovani in virtù dell’enorme impatto mediatico presente. E poi i giocatori di oggi sono molto più preparati a livello fisico, tattico e più forti a livello tecnico. Giocano su ritmi altissimi e fanno pressing in ogni angolo del campo”.

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