CorSera – Moratti: ”Vi racconto i miei 18 anni di Inter. Mou? Mi ha sempre ricordato il mago”

Sembra l’altro ieri ed invece sono passati già vent’anni da quando Massimo Moratti aveva deciso di seguire le orme paterne e diventare il presidente dell’Inter. Un amore nato ufficialmente il 25 Febbraio 1995 e proseguito per oltre 18 anni ricchi di gioie, dolori, vittorie e sconfitte ma essenzialmente unite da un sentimento unico che non si cancellerà mai dal cuore e dai pensieri di un uomo, prima che un presidente, che ha dato tutto sé stesso per i suoi tifosi ed il Triplete del 2010 è stato il coronamento di tutti gli sforzi e la passione trasmessa a questo club.

Un trionfo che Moratti ha spesso attribuito ad un uomo che gli ricordava Helenio Herrera: ”Mourinho mi ha sempre ricordato il mago che mio papà ha fortemente voluto per arrivare al successo. Josè è una persona straordinaria, un grande lavoratore serio e scrupoloso e sempre pronto a difendere la società. Insomma un vincente. Gli rimprovero solo di non essere tornato a Milano con la squadra per festeggiare il successo della Champions ma nessuno è perfetto. Due giorni dopo era a cena a casa mia e ci siamo fatti una risata su questo; lui è geniale anche in queste cose”.

Ora sulla panchina dell’Inter è tornato un altro allenatore vincente, ovvero Roberto Mancini: ”La scelta di Thohir mi è piaciuta. E’ stato un segno di voglia di tornare a competere ai massimi livelli quella di ingaggiare un tecnico abituato a voler raggiungere sempre il massimo risultato. Ora bisognerà accontentarlo nel mercato ma credo che questo verrà fatto e sia già stato programmato al momento di mettere nero su bianco. Da tifoso nerazzurro sono contento. Sotto la mia presidenza il ‘Mancio’ è stato il primo allenatore a farci tornare a vincere lo scudetto, raggiungendone ben 3 in 4 anni di permanenza e quindi gli devo molto. L’unico rimpianto è non averlo avuto come giocatore; nel 1996 era tutto fatto ma poi il presidente della Samp Mantovani mi disse che se l’avesse venduto ci sarebbe stata una sollevazione popolare da parte dei tifosi e quindi l’affare saltò”.

Non fu così però per Ronaldo ed Ibrahimovic: ”Il Fenomeno è stato il mio miglior investimento in 18 anni di presidenza perché nessuno se lo aspettava. Era giovane, fortissimo, irraggiungibile e giocava nel Barcellona e la soddisfazione di averlo potuto ammirare con i nostri colori era immensa. Un giocatore fantastico che, nonostante gli infortuni, ha conquistato il mondo con la sua classe. Zlatan, invece, aveva doti atletiche immense. Un uomo capace di vincere campionati praticamente da solo”.

Grande giocatore ma cattivo profeta: ‘‘Mi ricordo ancora il giorno in cui decise di andare al Barcellona. Eravamo in America in tournèe e, dopo l’allenamento, convocò la squadra per l’ultimo saluto. E’ stato toccante ma alla fine disse con il sorriso che senza di lui non avrebbero vinto più nulla. Fortunatamente non andò così”.

Infine un pensiero su quello che si porta dentro in tutti questi anni: ”Tantissime sensazioni ma quello che ho capito in tutto questo tempo, intuendolo immediatamente, è che il calcio non è un’azienda. Non c’è tempo per i bilanci, non esiste programmazione perché ogni tre giorni le cose possono cambiare. E poi ci sono i tifosi con le loro speranze, le loro aspettative. Ho sempre pensato che fossero loro i veri padroni dell’Inter. Per questo guidarla è stata anche sofferenza perché ne hai la piena responsabilità, ma è stata un’esperienza magnifica”.

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