Un derby anomalo con un velo di malinconia

Un cambio allenatore in casa Inter, che però non è servito per portare a casa la prima vittoria contro una grande del nostro campionato. La seconda era di Mancini sulla panchina nerazzurra si apre con un pareggio, un risultato tutto sommato giusto, tra due squadre che hanno preferito non farsi male.

Eppure è stato un derby per certi versi molto strano. Lo stadio come ogni derby che si rispetti era pieno, ma rispetto agli altri anni l’umore delle tifoserie era completamente diverso, ed anche le coreografie orchestrate dalle due fazioni hanno rispecchiato pienamente il momento triste che la città di Milano, sponda calcistica sta vivendo. Da una parte la Curva Nord nerazzurra, con una celebre frase degli 883, “stessa storia, stesso posto, stesso bar”, come a dire nonostante tutto, nonostante la squadra non rispecchia la natura della vera Inter, i tifosi ci sono e ci saranno sempre, e da una parte la Curva Sud rossonera, che rivendica il suo diavolo come simbolo per uscire dall’inferno, invitando indirettamente i giocatori a buttare il sangue sul campo, come i loro predecessori in tempi recenti.

Due modi diversi per comunicare un entusiasmo che sta via via scemando, ma che comunque rimane acceso per via di una fede nei propri colori immensa. Un entusiasmo che è stato anche il tema di questo avvio di stagione delle due società. Mazzarri prima Mancini adesso, oltre che lo stesso Inzaghi hanno chiesto entusiasmo. Quasi come se dovesse essere un acquisto da effettuare nel mercato di gennaio. Nella conferenza stampa pre partita i due mister hanno esortato i propri uomini a scendere in campo dimostrando di essere una vera squadra. Certo è che una vittoria nel derby, oppure una bella partita disputata, non poteva bastare per riaccendere gli animi di due nobili decadute del nostro calcio, in ritardo dopo solo dodici giornate, rispettivamente 17 e 18 punti dalla Juventus capolista.

Tornando a ieri sera, un derby anomalo anche per l’assenza di uomini simbolo, quei gladiatori a cui le tifoserie erano comunque legati, e magari per molti valevano il prezzo del biglietto. Il primo derby senza Zanetti, Milito, Samuel, tanto per citarne alcuni, l’ennesimo per il Milan senza un baluardo a cui aggrapparsi, un combattente da elogiare davanti ad una tazza di caffè nel day after, sebbene i nomi di Bonaventura, Mexes e Menez siano altisonanti, ma non abbastanza per le orecchie del tifoso rossonero.

I tempi nella città meneghina sono davvero duri, e bisognerà ripartire subito per dare la caccia a quel terzo posto che potrebbe riportare tra gli altoparlanti di San Siro quella canzoncina composta da Tony Britten, che in poche note è capace di trasformare uno stadio in una bolgia, ovvero l’inno della Champions League, usato in tempi non passati dal Milan per incoraggiare anche in campionato i propri giocatori.

 

 

 

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