Kovacic, ginestra nel deserto nerazzurro

“Qui su l’arida schiena del formidabil monte, sterminator Vesevo, la qual null’altro allegra arbor né fiore, tuoi cespi solitari intorno spargi, odorata ginestra”. Un paesaggio vuoto e inospitale dominato dalla desolazione, quello descritto da Giacomo Leopardi nella sua celebre lirica. Una terra spoglia che rispecchia la forza distruttrice della natura e i poteri di cui essa può disporre per rendere altrettanto drammatica l’esistenza di ogni essere vivente. Un grido di speranza nel deserto, colori che ravvivano il grigiore circostante, un odore che distrae dai pensieri negativi: il poeta di Recanati si aggrappa a quella ginestra, capace di nascere e crescere dove la vita scarseggia.

Un tempo fertile e produttivo, l’ambiente nerazzurro si è trasformato, negli ultimi anni, in un luogo molto simile a quello tratteggiato accuratamente nell’opera leopardiana. Più passa il tempo, più le aspettative di società e tifosi subiscono un ineluttabile ridimensionamento, fino a dover accogliere favorevolmente una probabile qualificazione alla prossima Europa League. In questo contesto desolante, il talento e la classe di Mateo Kovacic appaiono come un miraggio, permettendo che si diffonda nell’aria un cauto ottimismo verso il futuro. Un punto di riferimento da cui ripartire, una ginestra nel deserto nerazzurro.

Un fiore che resiste alle più svariate temperature, sopportando persino lunghi ed estenuanti periodi di siccità. Allo stesso modo, il centrocampista croato ha continuato a crescere silenziosamente e lo ha fatto, per lunghi tratti della stagione, su di una scomoda panchina. Quello si, ambiente inospitale per chi riveste il ruolo di predestinato. Un anno di transizione o, forse, una tappa obbligata per chi aspira ad imporsi velocemente sulla scena mondiale, un esame attraverso il quale mettere a dura prova la tempra del campione. Lo scarso utilizzo di Pirlo ai tempi di Tardelli allenatore ne è una palese dimostrazione, resa ancor più chiara ed evidente dalla immensa carriera percorsa, poi, del regista bresciano.

“Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi i danni altrui commiserando, al cielo di dolcissimo odor mandi un profumo, che il deserto consola”. Un estro contagioso, che da solo sa influenzare la prestazione dei compagni, come successo nelle ultime tre partite vissute non più da comprimario, ma da protagonista assoluto. Mateo Kovacic deve rappresentare, così, un punto d’inizio, un unico ed introvabile tassello attorno al quale costruire l’avvenire nerazzurro. Come una ginestra, simbolo di rinascita e speranza per un futuro migliore.

 

 

 

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