Samuel: “A Madrid esperienza unica, Mou contagia tutti. Nella mia carriera ho un solo rammarico…”

Dopo Diego Milito, a raccontarsi ai microfoni di Alessandro Villa è Walter Samuel, ospite del secondo appuntamento con “Inter Legends”, nuovo format in onda il giovedì sera su Inter Channel. Il “Muro” nerazzurro ha ripercorso le tappe più importanti della sua carriera, dai primi successi col Boca Juniors fino ai giorni nostri.

Cominciamo da un’esultanza speciale, molto simile a quella di Inter-Siena 4-3. Coppa Libertadores, la semifinale con l’America è decisa da un tuo gol di testa, poco prima dei supplementari…

“E’ difficile spiegare cosa sia successo, perchè mi capita raramente di fare gol così. Ero lontano dalla porta e, quando ho colpito la palla di testa e ho visto la palla finire in rete, sono esploso. Sono cose istintive. Il Boca non vinceva da tanto tempo la Libertadores e diciamo che quel mio gol ha contribuito al successo finale. Sono tifoso del Boca, quella squadra era molto giovane e vincere la finale ai rigori è stata quasi un’impresa”.

In poche stagioni al Boca sei diventato uno dei giocatori più richiesti in Europa. L’asta è stata vinta dalla Roma…

“In quel momento non pensavo all’Europa. Ero molto giovane e al Boca stavo bene. Ma, quando è arrivata l’offerta della Roma, ci ho pensato perchè era una possibilità importante per me e per la mia famiglia, anche dal punto di vista economico. Ho fatto una scelta di vita”.

A Roma c’era grande pressione perchè dopo il tuo acquisto, unito a quello di Emerson e Batistuta, i tifosi si aspettavano lo Scudetto…

“Sì, addirittura ci hanno contestato a settembre perchè avevamo perso in coppa Italia contro l’Atalanta. Sensi aveva fatto un grande sforzo sul mercato e la piazza si aspettava tanto da noi. Nella prima partita di campionato, però, ci siamo rifatti subito vincendo contro il Bologna”.

Lo Scudetto è arrivato realmente e la città è letteralmente impazzita…

“Sì. Se devo essere sincero, però, mi sono goduto poco la festa perchè ero ancora giovane e non riuscivo a realizzare perfettamente. Due giorni dopo sono tornato in Argentina con mia moglie, ma potendo tornare indietro non nascondo che sarei rimasto qualche giorno di più a Roma (sorride, ndr)“.

Poi è arrivato il Real Madrid, il sogno di ogni calciatore…

“A posteriori, per quello che è il mio gioco, non so se sia stata la scelta migliore. Però la rifarei, perchè è stata un’esperienza che volevo provare. Ho insistito con la Roma per andare al Real”.

Sei stato spesso criticato, ma eri l’unico che si preoccupava di difendere in quella squadra piena di campioni…

“Sì, ma non mi va di cercare alibi. Fa parte del calcio ricevere critiche”.

A quel punto hai scelto di trasferirti all’Inter. Arrivi dal Real insieme a Figo e Solari e vieni presentato da una bandiera nerazzurra come Giacinto Facchetti, che resta al tuo fianco durante tutta la tua prima conferenza.

“Per me è stato un piacere essere ricevuto da un giocatore che ha fatto la storia dell’Inter. Figo e Solari avevano storie diverse dalla mia, ma penso che abbiano lasciato un ottimo ricordo”.

Nella tua prima partita ufficiale arriva un trionfo nella Supercoppa giocata a Torino contro la Juve. In quell’occasione vieni anche squalificato per tre giornate con prova tv per un presunto sputo a Nedved. I tifosi dell’Inter si ricordano ancora quell’episodio e lo citano ancora adesso in maniera ironica su Twitter, dove è nato l’hashtag #tregiornateaSamuel…

“Per me è stato bello vincere. Ero entrato al posto di Materazzi, che si era fatto male. Su tutto il resto hanno un po’ esagerato: Nedved mi aveva tirato una gomitata e io ho reagito con un brutto gesto, ma lo sputo non era rivolto a lui. Non è stato il modo migliore per cominciare l’avventura con l’Inter, visto che ho dovuto saltare le prime tre giornate di campionato”.

Dopo tre turni a ribollire in tribuna, però, hai esordito nel modo migliore, segnando il gol vittoria a Verona contro il Chievo.

“Il Chievo mi porta fortuna. E’ stato bello esordire così”.

L’anno dopo è da record, con l’Inter di Mancini che vince lo Scudetto raccogliendo 97 punti. Per te, però, è un’annata particolare perchè ti fai male due volte e spesso vieni lasciato in panchina per lasciare spazio a un Materazzi in rampa di lancio dopo il Mondiale.

“Mi è servito per fare esperienza. Non ero abituato a fare panchina, ma Marco stava facendo benissimo e ho imparato a pensare di più al gruppo che a me stesso. Ho cercato solo di dare il massimo quando Mancini mi mandava in campo”.

A livello realizzativo, però, è stato il tuo anno più prolifico…

“Sì, ho fatto tre gol, pur non giocando sempre. Ovviamente non ero contento di non essere titolare, ma quel periodo mi è servito per capire tante cose”.

La stagione successiva inizi benissimo, ma nel derby arriva l’infortunio al crociato.

“E’ stata dura, perchè mi sono accorto subito che era successo qualcosa. Un brutto momento, ma non ci penso più di tanto. Mi è dispiaciuto tanto non partecipare ai successi di quella stagione”.

Nel frattempo, in estate, succede la rivoluzione: via Mancini, arriva Mourinho, che ti prova in allenamento ma non ti schiera mai. Fino a Inter-Udinese del 9 novembre 2008…

“Mi sentivo pronto da un mese. Il ginocchio rispondeva bene, ma Mourinho ha voluto aspettare. Mi ha fatto fare un’amichevole in settimana. Ho giocato novanta minuti e subito dopo mi ha detto che sarei stato titolare la domenica successiva. Non me l’aspettavo, ma per fortuna è andata bene perchè abbiamo vinto contro l’Udinese. La notte prima ho dormito pochissimo, perchè loro stavano benissimo e io non sapevo quali erano le mie reali condizioni. Per fortuna abbiamo vinto all’ultimo minuto”.

Quella stagione con Mourinho, l’Inter dava l’impressione di non fermarsi davanti a nessuno…

“E’ stato bello vincere lo scudetto al mio rientro. In quel momento andava tutto bene, ci rispettavano tutti, anche quando giocavamo fuori casa”.

Arriva quindi l’anno del Triplete. Tutti ricordano la vittoria di Kiev come momento di svolta della stagione, ma molti dimenticano che all’andata fu decisivo il tuo gol del 2-2 a San Siro.

“E’ vero, però penso che la partita di Kiev fu decisamente più importante. La Champions è una competizione difficile e a noi era toccato un girone di ferro con il Barcellona, che in quel momento era la squadra più forte del mondo”.

Impossibile dimenticare, in quella stagione, il gol del 4-3 al Siena, che ha completato una rimonta pazzesca…

“Mourinho mi ha spostato in attacco per gli ultimi minuti e ho avuto la fortuna di trovarmi al posto giusto nel momento giusto. Dopo il 3-3 di Wesley sarei voluto tornare in difesa, ma il mister mi ha detto di restare lì. Ho avuto culo! (sorride, ndr)“.

Battere il Chelsea è stata la prima vera impresa della stagione. A te è toccato marcare uno degli attaccanti più forti di sempre: Didier Drogba.

“Non avevo paura, ma sapevo che non avrei potuto lasciargli spazio. Dovevo marcarlo anche sulle palle inattive, lui ha tanta forza ma Lucio mi ha aiutato e siamo riusciti a fermarlo”.

Dopo il Chelsea, il Barcellona di Ibrahimovic…

“Noi non ce l’avevamo con lui perchè ci aveva aiutato a vincere tanto. Soprattutto la partita di Barcellona non è stata facile perchè ci sono successe cose particolari e giocare in 10 per così tanti minuti non ci ha certo favorito. Tutti, però, avevamo una voglia incredibile di andare a Madrid. Per fortuna ci siamo riusciti”.

E’ stata la partita più bella della tua carriera?

“Forse noi difensori siamo stati favoriti. Di sicuro mi sono sentito bene, anche meglio della finale, ma non so dire se sia stata la mia miglior prestazione. Riuscire ad arrivare in finale, senza poter passare la metà campo, è stato comunque bellissimo”.

La cosa che incuriosisce della finale è che, nonostante sia la prima volta per quasi tutti (tranne che per Eto’o e Lucio), siete scesi in campo tranquilli, sicuri di vincere.

“Mourinho ci ha dato tranquillità, abbiamo preparato bene la partita e quando siamo entrati in campo abbiamo cercato di goderci ogni momento perchè si trattava di un’esperienza unica”.

Capitolo Seleccion: la delusione più grande è non essere riusciti a fare meglio nel Mondiale 2002, quando siete usciti ai gironi?

“Sono orgoglioso di aver giocato tante partite con l’Argentina, ma resta il rammarico di non aver vinto niente. In quella situazione è stato bruttissimo tornare a casa, senza neanche poter giocare una partita a eliminazione diretta”.

Nel 2006, Pekerman chiama addirittura Cufrè, ma lascia a casa Walter Samuel. La leggenda dice che il cellulare del ct abbia passato un brutto quarto d’ora…

“Ho detto solo quello che pensavo in quel momento (sorride, ndr). Pekerman voleva sapere cosa pensassi e io gliel’ho detto. Mi è dispiaciuto perchè mi sentivo bene e avevo l’età giusta per andare al Mondiale”.

Nel 2010, con Maradona, giochi le prime due, poi Maradona fa altre scelte e l’Argentina viene eliminata in malo modo dalla Germania…

“Come ho detto, la Nazionale per me è una ferita aperta. Mi è dispiaciuto non avere la possibilità di vincere qualcosa. Faccio fatica a digerirlo, anche se ovviamente i Mondiali sono un’esperienza unica”.

Nel 2010 arriva Benitez sulla panchina dell’Inter. La squadra inizia bene, subisce solo 4 gol nelle prime 9 partite, ma poi contro il Brescia c’è il tuo secondo infortunio al ginocchio…

“Lì è stata decisamente più dura. Sono arrivato nello spogliatoio e ripensare a tutto il percorso di riabilitazione mi faceva stare male. Però avevo ancora voglia di giocare a calcio e ce l’ho messa tutta per tornare. Sono rientrato al San Paolo contro il Napoli ed è stata un’altra grande emozione”.

Una delle tue caratteristiche è far capire che aria tira all’avversario già nei primi minuti della partita…

“Cerco di essere un po’ aggressivo, per non dare spazio agli attaccanti avversari”.

Tra le gioie della tua carriera c’è anche quella di aver fatto gol in un derby, siglando la tua decima vittoria in altrettanti derby giocati in campionato…

“Ho letto la statistica prima della partita e temevo mi stessero gufando (sorride, ndr). E’ stata un’emozione speciale segnare contro il Milan perchè non mi era mai capitato di fare gol in un derby”.

Tra i tuoi più grandi estimatori c’è Massimo Moratti…

“E’ stato importante ed è anche per lui che molti di noi hanno aiutato l’Inter. E’ bello che si sia potuto togliere qualche sassolino dalle scarpe. Adesso è un po’ meno in società, ma per noi continua a essere molto importante”.

Importante, come lo è stato Josè Mourinho…

“Lui ci contagiava tanto, contagiava tutto l’ambiente. L’abbiamo incontrato di nuovo in amichevole e parlare con lui porta sempre qualche brivido. E’ normale che gli interisti pensino sempre a lui ma sono sicuro che anche noi ci siamo guadagnati un angolino nel suo cuore”.

Ultima domanda: cosa farai da grande?

“Ho frequentato il corso di base per fare l’allenatore, ma vediamo. Per ora ho ancora voglia di giocare. Poi sicuramente vedrò come mi trovo ad allenare, cominciando dai ragazzi”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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