Milito: “Madrid da brividi, ma non dimentico Siena. Dopo la sconfitta con il Catania, Mourinho…”

Primo appuntamento con “Inter Legends”, programma del giovedì sera di Inter Channel, che si occupa di ripercorrere la carriera dei campioni nerazzurri che hanno fatto la storia della Beneamata. Ad aprire le danze non poteva che essere Diego Milito. Ecco le parole del Principe ai microfoni di Alessandro Villa.

Cominciamo da una scena: 9 marzo 2003, il clasico di Avellaneda. Tu sei il centravanti del Racing. Elizondo, l’arbitro del match, ammonisce lo stopper avversario. Tu ti arrabbi, perchè lo vorresti di un altro colore. Iniziano a volare parole grosse. Il particolare è che lo stopper è tuo fratello Gabriel Milito, che gioca nell’Independiente…

“E’ stata una scena simpatica. Trovarsi di fronte il proprio fratello non è facile, ma a noi è successo tante volte. In Argentina quello tra Racing e Independiente è molto sentito e questa scena la ricorderò per sempre. Un mio compagno stava andando a fare gol, Gabi l’ha atterrato. Pensavo fosse fallo da ultimo uomo, ho chiesto all’arbitro il cartellino rosso. E, ovviamente, Gabi si è incazzato (sorride, ndr). Abbiamo cominciato a litigare e la nostra famiglia in tribuna rideva”.

Poi arriva il Genoa e qualcuno dice: ‘Milito è un attaccante da Serie A’. Altri però insinuano il dubbio: ‘Per quanto picchino in Serie B, non è detto che Diego ce la possa fare’. Hai fatto 33 gol in un anno e mezzo. Direi che ce l’hai fatta…

“Quando mi è arrivata la proposta del Genoa, mi ha convinto la grande voglia del presidente Preziosi. C’era un progetto molto ambizioso, poi purtroppo sono dovuto andar via per lo scandalo che è successo, con conseguente retrocessione”.

Sei andato al Real Saragozza, ma pochi sanno che si era fatta viva la Juventus. Ti sei evitato il record di due retrocessioni consecutive?

“C’erano tante squadre interessate a me, tra cui l’Inter di Mancini. Ho scelto però di andare a Saragozza perchè non mi sentivo pronto per arrivare in una squadra importante come l’Inter. Avevo bisogno di giocare e ho scelto il Real anche perchè c’era mio fratello Gabi in rosa”.

Tre anni al Saragozza molto diversi tra loro: nel primo battete il Real Madrid 6-1 in coppa del Re, con un tuo poker.

“Quell’anno abbiamo fatto un percorso incredibile in coppa. Siamo arrivati in finale, battendo Atletico Madrid, Barcellona e Real Madrid. Purtroppo poi abbiamo perso la finale, fu una grande amarezza”.

Nel secondo anno diventi vice-capocannoniere e andate in Uefa…

“Fu un anno straordinario. Cambiò la proprietà e arrivarono giocatori molto forti. Abbiamo raggiungo l’Europa League e anche a livello personale fu una stagione incredibile”.

La terza stagione si rompe qualcosa: parte Gabi e arriva addirittura la retrocessione…

“Ci furono tanti problemi. Fummo subito eliminati dall’Europa League e anche la partenza di Gabi non ci aiutò, perchè era capitano e leader della squadra. Avevamo una buona squadra, ma non eravamo abituati a lottare per la salvezza. Abbiamo cambiato quattro allenatori, ma non siamo riusciti a restare nella massima serie”.

Poi il ritorno al Genoa…

“E’ stata un’estate molto agitata per me. C’erano due-tre squadre importanti che mi cercavano in quel momento, su tutte il Tottenham. Fui vicinissimo a trasferirmi a Londra, ma l’ultimo giorno di mercato mi ha chiamato il figlio di Preziosi e ovviamente ho dato la massima disponibilità. Ho fermato tutto e per fortuna sono tornato a Genova, chiudendo un cerchio”.

Quella stagione fai 24 gol…

“Fu uno degli anni migliori della mia carriera, mi sono divertito tanto. Avevamo una squadra molto forte e riuscimmo a riportare il Genoa in Europa dopo tanti anni”.

Ti dimostri anche un “uomo-derby” eccezionale decidendo la sfida con la Samp sia all’andata che al ritorno. Prima un gol di testa, poi addirittura una tripletta.

“Fare tre gol in un derby è davvero qualcosa di bello. Già vincere e segnare in una stracittadina come quella di Genova ti dà qualcosa di diverso. Segnare una tripletta ti fa godere in maniera particolare”.

A quel punto arriva l’Inter. L’idea era quella di farti giocare in coppia con Ibrahimovic, poi però il mercato ha cambiato tutto…

“E’ stato un peccato perchè mi sarebbe piaciuto giocare con lui. Abbiamo fatto qualche allenamento insieme, è un grandissimo campione. Non lo sapremo mai, ma penso che le mie caratteristiche si sarebbero sposate bene con il suo modo di giocare”.

Giochi il tuo primo derby in America e arrivano subito due gol...

“Segnare al Milan è sempre speciale, anche quando si tratta di un amichevole!”.

I tifosi iniziano a sognare, ma l’inizio della stagione non è dei migliori. Arriva una sconfitta incredibile nella Supercoppa di Pechino, poi alla prima contro il Bari un pareggio.

“Ricordo ancora che, dopo la partita di Pechino, ero distrutto. Dicevo a Pupi e agli altri: ‘Vincete sempre, ora che arrivo io perdiamo subito la prima coppa’. Loro mi dicevano di stare tranquillo, ma avevamo fatto un gara straordinaria. Per fortuna, poi, sappiamo tutti com’è andata a finire quella stagione”.

La svolta in stagione arriva a Kiev…

“In quel momento è cambiato tutto. Abbiamo vinto una partita incredibile. Nel secondo tempo il mister mise tutti all’attacco e riuscimmo a vincere nei minuti finali. E’ stata davvero la partita della svolta”.

Agli ottavi pescate il Chelsea. L’Inter era reduce da due eliminazioni consecutive agli ottavi, mentre i Blues un paio di anni prima erano arrivati in finale. Serve un gol nei primi minuti per dare fiducia. E quel gol arriva…

“Ricordo che stavamo guardando il sorteggio tutti insieme e quando uscì il Chelsea non ci considerammo troppo fortunati. Era la squadra più difficile da affrontare dopo il Barcellona. Si sentiva un po’ di ansia nell’ambiente, ma soprattutto al ritorno abbiamo fatto una grandissima partita”.

Dopo il Cska ai quarti, in semifinale c’è lo scontro con un Barcellona reduce dal 5-0 contro l’Arsenal.

“Il Barcellona, soprattutto al Camp Nou, è un avversario praticamente imbattibile. Sapevamo di dover fare la partita perfetta. E, per fortuna, l’abbiamo fatta”.

Dopo il gol segnato da Pedro a San Siro sembrava tutto finito. Invece è cominciata proprio da lì la cavalcata dell’Inter…

“E’ stata una delle migliori partite, sia a livello individuale che di gruppo. Sapevamo non sarebbe stato facile, visto che la partita si era messa sui binari perfetti per loro. Invece siamo riusciti a ribaltare il pronostico e sul 2-1 addirittura ci siamo detti di spingere perchè vedevamo che loro erano in difficoltà”.

Al ritorno sei stato costretto a fare il centrocampista…

“Trovarsi con un uomo in meno, al Camp Nou, dove è già difficile giocare in undici contro undici… I minuti non passavano più. Ci siamo dovuti sacrificare tutti per difendere il risultato dell’andata. Abbiamo fatto una partita straordinaria a livello di concentrazione e di organizzazione di squadra”.

Il tuo gol più bello, però, lo segni forse in finale di Coppa Italia contro la Roma…

“E’ stata una partita durissima. Stavamo lottando anche per lo Scudetto e giocavamo praticamente in casa loro, anche se in teoria si trattava di campo neutro. Fu una grandissima gioia”. 

Il 16 maggio andate a Siena a giocarvi lo Scudetto contro una squadra già retrocessa, ma che gioca alla morte, e con il pensiero della finale di Champions…

“E’ stata una delle partite più importanti della mia carriera a livello emozionale. Ok la Champions, ma a Siena ci stavamo giocando un anno di lavoro. La Roma stava vincendo e non potevamo lasciarci sfuggire quello scudetto. Alla fine mi ricordo che ho pianto tanto”.

Nel primo gol segnato a Madrid c’è tutta l’idea di calcio di quell’Inter…

“E’ stata una bella azione, ma soprattutto fu una grande partita, preparata in maniera perfetta da parte nostra. Abbiamo fatto gol nei momenti giusti del match”.

Poi arriva la tua seconda doppietta stagionale a regalarci la coppa. E’ ancora più incredibile pensare che tu abbia segnato 30 gol distribuendoli su 28 partite. Praticamente l’Inter scendeva sempre in campo con un gol di vantaggio.

“Credo sia merito della squadra che avevamo. Una squadra molto sicura di se stessa, con un allenatore straordinario”.

Il primo gol con il Genoa in A lo fai al Milan, i primi gol in amichevole con la maglia dell’Inter li segni al Milan e il tuo primo gol ufficiale in nerazzurro lo fai nel derby…

“Diciamo che il Milan mi porta bene (sorride, ndr). Sono legato a tutti i gol segnati nei derby. E’ sempre un’emozione speciale, soprattutto quando si vince. Forse il più importante è stato quello nel derby vinto 1-0 con Ranieri in panchina, perchè venivamo da un periodo difficile”.

Un altra data importante è il 3 novembre 2012, Juventus-Inter. Andate su un campo che sembra inespugnabile, dopo pochi secondi arriva il vantaggio degli avversari. Sembra tutto scritto ma invece arriva una vittoria in rimonta.

“Abbiamo fatto una grandissima partita. Fu importante soprattutto il coraggio del mister, che schierò tre attaccanti contro un avversario molto forte. Fu una gara speciale e vincemmo meritatamente”.

Un momento difficile, invece, è stato quello del grave infortunio con il Cluj. Proprio in quel periodo, però, hai avuto di verificare ancora di più l’affetto delle persone nei tuoi confronti.

“Sì, non ho parole giuste per ringraziare tutti i tifosi. Ho riscontrato un affetto incredibile, anche da parte di allenatori e colleghi, che mi ha dato la forza per tornare in campo”.

Rientri con il Sassuolo e fai una doppietta…

“Mi ricordo che sono andato da Bianco, difensore del Sassuolo, per scusarmi. La partita praticamente era già vinta, ma per me era come se fosse la gara della vita”.

[Al Principe vengono poi mostrate delle fotografie]

Cosa ti viene in mente se ti dico: Javier Zanetti?

“Pupi è un amico. E’ un simbolo dell’Inter, ma non solo. Quello che ha dato al calcio, all’Inter e all’Argentina è indescrivibile. E’ l’ambasciatore del calcio argentino in Europa”.

La Pinetina?

“E’ un sogno. Arrivare in una società come l’Inter, dove puoi lavorare in un centro così, è un sogno per ogni giocatore. E’ stato un onore entrare a far parte di questa grande famiglia. Posso dire che è come se fosse casa mia”.

Massimo Moratti?

“Non ho parole per il presidente. E’ stato lui a portarmi all’Inter e a darmi la possibilità di vincere tutto. Mi ha sostenuto sempre, soprattutto nei momenti di difficoltà. Gli sarò sempre grato. E’ un grande presidente e una grandissima persona”.

Josè Mourinho?

“E’ un altro grande artefice del mio arrivo all’Inter. Ricordo ancora la prima chiamata che mi ha fatto. Gli devo tantissimo perchè mi ha dato la possibilità di giocare in una grandissima squadra. Ci sono pochi allenatori come lui. Dopo la sconfitta di Catania, prima della trasferta di Londra, ha fatto una riunione che ci ha toccato il cuore. Ha usato le parole giuste e da lì non ci siamo più fermati”.

Erick Thohir?

“Non ho ancora parlato tanto con lui, ma mi sembra una persona adatta all’Inter. Farà bene perchè ha tanta voglia e saprà gestire il club molto bene”.

La coreografia di Madrid?

“Ho la foto a casa. Impressionante, mi vengono ancora i brividi. Eravamo vicini a un sogno e, per fortuna, l’abbiamo coronato”.

Cosa vuoi fare da grande?

“Voglio finire di giocare, poi ci penserò. Farò sicuramente qualcosa che mi rende felice, restando legato al mondo del calcio”.

 

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