Thohir: “Servono due-tre anni per triplicare i ricavi. Stadio? Non è una priorità, miglioreremo San Siro”

Il presidente nerazzurro Erick Thohir si è raccontato in una lunghissima intervista alla Gazzetta dello Sport, ribadendo i punti cardini del progetto dell’Inter, buttando giù le basi di una programmazione divisa tra mercato e campionato.

Signor Thohir, l’Inter ultimamente ha perso 70-80 milioni all’anno e il calcio italiano è in crisi e va riformato: come pensa di portare in attivo il suo nuovo club in questo contesto?

“Ho parlato spesso di modello americano non a caso, anche se spesso vengo frainteso e si pensa che intenda solo il salary cup . A proposito del quale ripeto che non c’è un tetto di 2,5 milioni a giocatore ma un limite che riguarda l’intera rosa. Resta il fatto che una società sana deve partire da un concetto molto semplice, quello dell’equilibrio tra costi e ricavi. Se incassi 100 milioni, non puoi spendere più di 50 milioni per il monte ingaggi dei giocatori, che è una delle voci più pesanti per una società, anche per la tassazione che c’è nel vostro Paese. E sarebbe sbagliato pensare che se abbassi gli ingaggi, la squadra per forza debba peggiorare. Conta il lavoro di squadra: dalla proprietà ai dirigenti, dallo staff tecnico ai giocatori. Ecco perché ogni decisione deve essere collettiva, non tra me e Fassone o tra me e Mazzarri o Ausilio”.

Però in Indonesia, il quarto paese più popolato del mondo, i match della serie A hanno una media di appena 100.000 spettatori contro gli 800.000 della Premier League. Come si possono cambiare questi numeri?

“La serie A deve capire che per competere con gli altri grandi campionati europei serve un cambio di mentalità. Ad esempio è fondamentale che ci siano delle gare di cartello programmate alle tre di pomeriggio sia il sabato che la domenica: quello è il prime time in Asia, un mercato fondamentale. Bisogna fare in fretta ad aprire gli occhi. Ne ho parlato con altri presidenti e credo sia possibile che qualcosa cambi dalla stagione 2015-16”.

Crede che l’Italia sia pronta per aprirsi ad un mercato più globale?

“Non so, ma di sicuro bisogna recuperare il terreno perduto. Bisogna iniziare ad esportare il calcio italiano, prendendo esempio degli sport americani: la Nba gioca degli incontri in Asia o in Europa, in questi giorni i Los Angeles Dodgers di baseball hanno disputato un match in Australia. Provate a immaginare cosa sarebbe far giocare una partita di campionato, non un’amichevole, a New York: magari il match di apertura del campionato”.

Lei cosa ha iniziato a fare per l’Inter?

“I tre punti fondamentali sono avere un club sano a livello finanziario, competitivo in campo ma anche con una visibilità globale. Tutti devono vederci in tv. Per questo a fine luglio andremo a fare una nuova tournée negli Stati Uniti: giocare contro squadre come Real Madrid o Manchester United è una vetrina unica. Ho anche pensato di portare la squadra in Asia, ma per arrivare in America bastano 6-7 ore, per l’Asia ne servono 12. Poi ho venduto le partite dell’Inter a un’emittente indonesiana (Indosair), che non è un mia tv. Lo stesso Moratti ha ammesso che prima del mio arrivo non era stato esplorato il mercato estero. E io posso anche portare i miei contatti in Asia e Stati Uniti. Tra due mesi partirà anche una nuova piattaforma digitale. Poi è chiaro che per triplicare i ricavi – e in proporzione anche il monte ingaggi – servono almeno due o tre anni”.

Per aumentare i ricavi servirebbe anche uno stadio di proprietà.

“Non c’è alcun dubbio che potremmo incassare tra i 20 e i 50 milioni, ma al momento le priorità sono altre. Ora stiamo lavorando per migliorare San Siro: aree dedicate alle aziende, l’idea di un ristorante, varie promozioni e uno spettacolo di intrattenimento che verrà testato nell’ultima gara interna di campionato, contro la Lazio”.

Se ha investito comunque nel calcio italiano significa che vede delle prospettive.

“Amo tutti gli sport, ma ho capito che il vero sport globale è il calcio. Prima ho preso il DC United, ma ho sempre avuto il sogno di possedere un club europeo. In Spagna vincono sempre le stesse due squadre, in Inghilterra sono in 4-5, mentre in Germania c’è una legislazione che rende quasi impossibile un’acquisizione. Eppure tante squadre di queste leghe mi hanno cercato ed è successo anche con un’altra società italiana prima dell’Inter, di cui non posso svelare il nome. Però io da sempre sono tifoso dell’Inter e quando si è aperta questa possibilità mi è sembrato un sogno. Anche perché questo club ha un brand con un grande potenziale”.

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