La notte degli Oscar

And the Oscar goes to…“: una formula capace di trasformare i sogni in realtà o di frantumarli in pezzi così piccoli da non poter essere riassemblati. Nella magica notte degli Oscar, corona e scettro sono andati, questa volta, a Matthew McConaughey, vincitore dell’ambito premio come miglior attore protagonista per l’interpretazione offerta nel ruolo di un cowboy omofobo malato di Aids nella pellicola “Dallas Buyers Club”.

Nonostante manchi ancora buona parte del girone di ritorno e ci sia davvero poco da festeggiare, in casa Inter, per un’altra stagione povera di soddisfazioni, ci sentiamo di poter esprimere i primi giudizi e assegnare le prime statuette placcate in oro 24 carati ai più meritevoli della rosa nerazzurra. Non ce ne voglia Leonardo Di Caprio (grande deluso della 86^ edizione della cerimonia degli Oscar), se ritorniamo sull’argomento rigirando il coltello in una ferita ancora aperta.

Miglior attore protagonista: Rodrigo Palacio. L’argentino ha rivestito brillantemente il ruolo di guida e punto di riferimento della manovra offensiva interista, reggendo in solitudine l’attacco e battagliando su ogni pallone con la sua consueta generosità. Una leggera flessione nel rendimento, poi, testimoniata dal tempo intercorso tra il colpo di tacco che ha il merito di sbloccare la stracittadina milanese e la rete messa a segno contro la Fiorentina. Pausa comprensibile per chi ha corso e lottato stoicamente, trovando finalmente un po’ di conforto nella presenza di un altro attaccante con cui dialogare. 

Miglior attore non protagonista: Mateo Kovacic e Mauro Icardi. Per una volta, concedeteci la licenza di contemplare un doppio vincitore e che siano il croato e l’argentino a mettersi d’accordo su come spartirsi la statuetta. Il primo può considerarsi un protagonista soltanto in riferimento al suo incredibile potenziale, difficile da esprimere quando si è costretti a seguire il corso degli eventi da un comodo posto in panchina. Per lui, Mazzarri ha ritenuto più adeguato un ruolo da comparsa come girovago del centrocampo nerazzurro. Discorso diverso per Icardi, il quale ha avuto qualche possibilità in più per mettersi in mostra e dimostrare, quando chiamato in causa, di poter rappresentare il futuro dell’Inter.

Miglior regia: Esteban Cambiasso. Il capitano in seconda dell’Inter non è più quello dei tempi migliori, ma la sua presenza in mezzo al campo, in cabina di regia appunto, risulta essere ancora fondamentale per il gioco di Mazzarri. Alquanto problematico considerare Kuzmanovic un sostituto all’altezza, come è difficile pensare che il Cuchu duri in eterno.

Migliore fotografia: tacco di Palacio. Secondo premio per il Trenza, cui si deve l’istantanea più bella della non troppo felice annata interista. E’ il clima natalizio a rendere i colori della fotografia più vividi e intensi; per il resto ci pensa l’attaccante, pronto a cogliere, con un tocco di fino, il suggerimento di Guarin e a regalare la prima (e l’unica) gioia al neo presidente della Beneamata.

Miglior sceneggiatura: Erick Thohir. La firma del tycoon indonesiano, dopo svariati mesi di trattative, rappresenta una svolta epocale nella storia della società, nonostante il testo oggetto della pellicola cinematografica si definirà soltanto in futuro. Insomma un copione ancora tutto da scrivere.

Miglior scenografia: Inter-Juventus. La coreografia preparata per il derby d’Italia è dedicata interamente a Paolo Coliva, storico supporter nerazzurro. Nel cuore della Curva Nord compare, poco prima del fischio d’inizio, una frase in sua memoria accompagnata da una gigantografia realizzata con cartoncini bianchi, neri e blu.

Migliori effetti speciali: Guarin-Vucinic. Un premio assegnato non di certo per esaltare o dare particolari meriti ai protagonisti dell’ormai arcinota vicenda, ma conferito per i colpi di scena susseguitisi rapidamente in quel preciso frangente e per i momenti di pathos vissuti, o meglio inflitti al popolo interista.

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