Questione di (non) gioco

Ritorniamo per un attimo alla stagione 2009/2010, un’annata forse irripetibile in cui i nerazzurri vinsero tutto quello che c’era da vincere. Periodo che non ha niente a che vedere con l’Inter degli anni successivi e, soprattutto, con quella di oggi. Da scongiurare ovviamente a priori qualsiasi tipo di paragone o confronto tra una squadra piena di campioni nel fiore della loro parabola calcistica e un gruppo, quello attuale, privo dei cosiddetti “big” e alla ricerca della giusta strada per tornare un giorno nuovamente a grandi livelli.

In quella stellare stagione, i nerazzurri affrontarono il Barcellona degli extraterrestri in semifinale di Champions con due partite da manuale del calcio. Prima ancora, durante la fase a gironi, un sofferto 0-0 strappato a Milano e un netto 2-0 in favore dei blaugrana al Camp Nou.

Dopo queste due sfide (la prima nel mese di settembre e la seconda a fine novembre, quindi entrambe a inizio stagione ndr), Josè Mourinho tranquillizzò tutto l’ambiente sostenendo che, visti i numerosi cambiamenti avvenuti in sede di mercato – era appena andato via Ibrahimovic ed erano arrivati i vari Eto’o, Milito, Sneijder, Thiago Motta e Lucio – c’era bisogno di tempo per dare un’identità ad un gruppo che doveva compattarsi, apprendere i nuovo schemi e, solo così, riuscire a migliorare anche dal punto di vista del gioco. Il risultato concreto di quelle parole fu poi evidente a tutti con l’apoteosi nerazzurra nelle fantastica notte di Madrid.

Il compito di ogni allenatore dovrebbe essere proprio questo: riuscire a far migliorare di giorno in giorno la propria squadra, in primis con i risultati sul campo che, di solito, sono la chiara conseguenza dell’evoluzione del gioco che il gruppo riesce ad esprimere.

La “colpa” che i tifosi nerazzurri addossano a Walter Mazzarri va inquadrata proprio in questa prospettiva. Arrivato quest’anno dopo quattro stagioni trascorse al Napoli, il tecnico di San Vincenzo ha avuto un impatto favoloso con il nuovo ambiente, tanto che si era addirittura parlato di un’Inter sullo stesso livello delle prime della classe.

Dopo gli ottimi risultati iniziali (frutto soprattutto di una preparazione estiva volta a ottenere subito il massimo dai giocatori) l’evoluzione dell’Inter di Mazzarri ha subito una brusca frenata. Ancorato al suo 3-5-2 (per lunghi tratti 3-6-1 ndr), non è riuscito a imprimere un’idea di gioco degna di nota. Non è un caso che, proprio contro le squadre “piccole”, brave a chiudersi e a non concedere campo libero, l’Inter abbia lasciato per strada moltissimi punti.

Un passo in avanti per quanto concerne la manovra c’è stato con l’arrivo di Hernanes, uno in grado di dettare i tempi e di migliorare qualitativamente il gioco di qualsiasi compagine. Alla prima assenza forzata del Profeta, contro il Cagliari, si è subito ritornati al punto di partenza: grandi difficoltà nel costruire azioni pericolose attraverso un giro palla fluido, con i maggiori pericoli creati ad Avramov solo grazie alla fisicità di giocatori come Guarin e Icardi. La serie infinità di palloni buttati nell’area dei sardi direttamente dalla trequarti, a parecchi minuti dal termine della partita, è un chiaro segno di come manchi ancora un’identità di gioco alla squadra nerazzurra.

A prescindere dai risultati, dalla scarsa qualità della rosa, dai torti arbitrali e dagli infortuni, i tifosi della Beneamata vogliono vedere, dopo sette mesi dall’arrivo di Mazzarri, un’evoluzione nel gioco, dei miglioramenti costanti che dimostrino concretamente la mano dell’allenatore. L’obiettivo deve essere proprio questo nell’anno della ripartenza e non solo quello di puntare a fare meglio del nono posto della stagione passata senza aver visto nessun passo in avanti a livello di gioco…

 

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