Compleanno nerazzurro per Bergomi, cinquanta candeline da spegnere stasera a ‘San Siro’

Giornata particolare per Beppe Bergomi così come riporta la Gazzetta dello Sport in edicola oggi. Non solo il derby di Milano ma anche il suo cinquantesimo compleanno, aspettandosi un regalo proprio stasera dai nerazzurri. Non sono facili infatti da dimenticare ben 18 anni di Inter con 758 presenze. Quale miglior modo di festeggiare se non a San Siro? E’ proprio la bandiera del calcio italiano a raccontarsi al noto quotidiano, partendo dal suo compleanno speciale. «Già, una coincidenza incredibile essere proprio oggi allo stadio per il derby, davvero».

Come se lo gioca Mazzarri?
«Penso che la scelta di Zanetti al posto di Alvarez sia logica e utile. Così la squadra è più compatta e la difesa più protetta. Di recente ha preso troppi gol. L’Inter per rendere deve stare bene fisicamente».

L’elemento chiave?
«Ne cito tre. Palacio, anzitutto: attraversa un periodo straordinario e va sfruttato. Poi bisogna che Jonathan e Nagatomo sfondino sulle fasce costringendo gli esterni rossoneri a restarsene bassi».

Come se lo gioca invece Allegri?
«Il suo Milan è in buone condizioni atletiche, lo si è notato nel secondo tempo contro la Roma. Penso che abbia studiato come sfruttare adeguatamente Balotelli, che si muove meglio se c’è Matri. Perché può andare a prendersi il pallone sulla trequarti e sentire minori pressioni in zona gol».

L’elemento chiave?
«Mario Balotelli. E’ più pericoloso di Kakà, non c’è paragone».

Per Zanetti un derby a 40 anni suonati: lei ha rimpianti?
«Beh, lo merita. Era giusto dargli l’opportunità di rientrare dall’infortunio e lui la sta sfruttando. Io? Nessun rimpianto. Non so se fino a 40 anni, ma di sicuro un paio di stagioni ancora le avrei potute fare, ai tempi. Ma è acqua passata, sto bene così, in questa nuova veste di commentatore televisivo. E mi diverto ad allenare i giovani del Como».

Quando Giampiero Marini la ribattezzò “zio” lei era appunto in età da Berretti.
«Quasi 17, sì… Fu un anno delicatissimo. Esordii nell’Inter il 31 gennaio 1980 a Torino contro la Juve in coppa Italia. E fu l’unica partita vera che riuscì a vedere mio padre, già minato dal male. Si spense a maggio, un tumore, aveva 57 anni. La sua assenza è stata compensata da una super presenza di madre e fratello».

Qual è il compagno che vorrebbe avere sempre nel derby?
«Nicola Berti. Come riusciva lui a caricarci… Trovava i difetti ai rossoneri e elencava i nostri punti forti: fantastico. La gente gli vuole bene ancora oggi proprio perché nei derby si esaltava».

L’avversario che ha più considerato?
«Paolo Maldini. Abbiamo avuto un rapporto di reciproca stima. Anche se una volta, per ritardare la battuta di una punizione, mi entrò col piede sulla mano con cui stavo sistemando il pallone…».

L’avversario che ha più sofferto?
«Due: Van Basten e Gullit».

L’allenatore più adatto alla stracittadina?
«Trapattoni la viveva intensamente e la studiava a fondo. Ricordo i duelli contro Sacchi, quanto ci teneva a batterlo sul piano tattico… Loro ci mettevano pressione, noi sfruttavamo l’abilità aerea di Aldo Serena che sovrastava sempre Costacurta e Baresi».

Il suo derby indimenticabile?
«Il primo! Valeva per la coppa Italia, per passare ci voleva un pareggio, a un minuto dalla fine si perdeva 2-1. Ma al 90’, Bergomi segna il 2-2…».

Altre gioie sue?
«L’assist a Serena nel campionato 1988-89, quello dei record: discesa velocissima e cross pennellato per l’inzuccata del nostro bomber. 1-0 e tutti a casa con la sensazione di essere più vicini al titolo».

Che difatti arrivò: altra Inter, quella.
«Questa ha bisogno di tempo. Però con Mazzarri, che è bravo, crescerà».

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