Il tatticismo dell’antiretorica

Altro passo falso del Napoli, altro pareggio, altra occasione sprecata. E’ la sintesi, ormai fin troppo consueta, della giornata di campionato. Non più il classico 1-1, ma un 3-3 che, se possibile, lascia ancora più rabbia e rimpianti. Il Parma inizia e finisce meglio la partita. E il (de)merito non può che essere degli allenatori.

Zanetti messo su un lato non suo a cercare di sgroppare con un passo che purtroppo non è più il suo, Alvarez alla ricerca di una collocazione tattica che mai troverà, un ispirato Kovacic relegato al ruolo di “falsa” seconda punta che non potrà mai essere suo, un commovente Palacio che combatte strenuamente in solitaria a causa dell’assenza – appunto – di una seconda punta.

Quindi chi sono i beneficiati da questo modulo? Quali sono i vantaggi nell’avere in campo tre di quelli che un tempo si chiamavano stopper pur non avendo alcun avversario da marcare? Perché corroborare la mitologia del gioco sugli esterni mazzarriano se continuiamo a vedere maglie nerazzurre imbottigliate nel centro? Perché Kovacic viene obbligato a sostare al limite dell’area se la manovra nerazzurra riesce a ribaltare il lato solo quando il pallone passa dai suoi piedi e dalle sue accelerazioni nel mezzo del campo?

Sono le domande che assediano per novanta minuti qualsiasi tifoso nerazzurro, inerme spettatore dello spettacolo orrendo offerto dalla propria squadra, vittima del tatticismo dell’antiretorica di un uomo in confusione, a cui piace pensare che in meno si attacca meglio.

Non arriveranno le risposte neanche al termine dei novanta minuti. L’allenatore da tremilioniemezzo non ha risposte ai quesiti tattici, ma solo lamentele per un rigore che solo a lui è sembrato netto. “Episodi” è la parola che sentiamo sempre. Il calcio è quello che non vediamo mai.

Giovanni Cassese

(Twitter: @vannicassese)

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