Bologna-Inter 1-1, la lavagna tattica

L’Inter impatta sul campo del Bologna portando a casa soltanto un pareggio come già successo con Cagliari, Torino e Atalanta. Le aspettative della vigilia erano ben altre per un Mazzarri che pregustava l’aggancio al Napoli in terza posizione. Il verdetto del campo, però, seppur ingiusto, impietoso e difficile da digerire va sempre rispettato e i nerazzurri dovranno far tesoro di questa gara per limare qualche imperfezione che, al di là della superiorità dimostrata sul campo, spesso, ridimensiona la squadra nel risultato. Pioli cambia qualcosina a centrocampo, rinunciando al regista arretrato e schierando due mediani in linea (Khrin e Perez), deputati alla marcatura di Taider e Alvarez, più Konè e Diamanti ad agire da trequartisti mascherati alle spalle di Cristaldo. Il tecnico di San Vincenzo, dal canto suo, ripropone lo stesso undici delle ultime partite con le eccezioni rappresentate dal recupero di Hugo Campagnaro e lo spostamento di Rolando al centro della difesa in luogo di Ranocchia squalificato.

L’ANALISI TATTICA

COSA HA FUNZIONATO – Inutile negare che l’Inter abbia fatto la partita in lungo ed in largo. Possesso palla fraseggiato, profondità sugli esterni, attacco dello spazio, soluzioni offensive dettate palla a terra e senza dare punti di riferimento sono il termometro di una squadra che ha una fisionomia identitaria chiara e riconoscibile. Le tante, forse troppe, occasioni create e sprecate sono arrivate grazie ad una varietà di soluzioni (palle inattive, sfogo laterale, ricerca del gioco verticale, inserimento del secondo e terzo uomo) che, se da un lato spiega il miglior attacco del campionato, dall’altro dovrebbe tradursi in una maggiore incisività. Ad eccezione dell’episodio legato alla ripartenza che ha generato la rete bolognese, la retroguardia interista ha dato la sensazione di soffrire quasi mai, grazie, soprattutto, al recupero di un sontuoso e sempre tignoso Campagnaro e alla conferma di un Rolando abile sia a guidare la linea difensiva che a costruire da dietro la manovra. Ottima prova di Jonathan che ha sovrastato, grazie a spregiudicatezza, dinamismo e qualità, Morleo, sfinendo l’esterno mancino di Pioli e portandolo alla resa dinanzi ai crampi. Solita prova sagace di Cambiasso che ha orchestrato bene un centrocampo padrone del campo e della partita fino all’ultimo. Bene anche la tranquillità e la pulizia dei nerazzurri nell’uscire in palleggio dal pressing alto dei bolognesi che, soprattutto, nella prima parte di gara hanno dato vita ad una gara assatanata e fatta di tanta corsa.

COSA NON HA FUNZIONATO – Retorico e quasi banale sottolineare che non si può creare una quantità industriale di palle gol per, poi, realizzare soltanto una segnatura e raccogliere un misero punto. Ben 22 tiri in porta (22 come quel 22 maggio in cui l’Inter conquistò il tetto d’Europa dando grande esempio di forza e concretezza; 22 come il numero di maglia di quel Principe Milito che manca come l’aria, ndr) che lasciano l’amaro in bocca e, soprattutto, una ferita aperta per ciò che è e ciò che sarebbe potuto essere. Solo imprecisione e mancanza di cattiveria sotto porta o mancanza di qualità realizzativa negli ultimi 16 metri? Lasciamo aperto l’interrogativo, rispondendo soltanto che iniziano ad essere tanti i punti lasciati per strada e le recriminazioni che ne sono conoseguite. Per contro, ancora una volta i nerazzurri hanno regalato una rete da campetto dell’oratorio agli avversari, grazie a un’ingenuità individuale scaturita da una palla da fermo a favore. Davvero incomprensibile, come situazione – ma, ancor più, come concetto – concedere delle opportunità agli avversari in maniera quasi grottesca. Male, nel primo tempo, lo sviluppo delle transizioni positive (con la riconquista della palla troppo farraginosa e la trasmissione di palla troppo lenta), di quelle negative (con errori individuali di disimpegno) e l’atteggiamento a tratti molle che ha portato a perdere quasi tutti i contrasti e la gestione delle seconde palle. In alcuni momenti si ha l’impressione di un’Inter che potrebbe raccogliere di più se accompagnasse la manovra offensiva con più uomini. In questo senso Guarin ha la tendenza di accorciare troppo presto verso Palacio, giocando troppo spesso spalle alla porta e diventando facilmente marcabile. Dal punto di vista delle prestazioni individuali, serataccia per Taider che ha sbagliato quasi tutto, ennesima partita deprimente di Pereira e partita no anche per Palacio che per la prima volta in stagione è sembrato poco lucido sotto porta.

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