Scova lo scornacchiato

Moratti De LaurentiisL’interpretazione e la cognizione di termini estrapolati dal gergo dialettale altrui potrebbe risultare un’operazione complessa, sussistendo il rischio di perdersi tra i più vivaci dibattiti etimologici. Sorvolando dunque sul significato per non incorrere in clamorosi strafalcioni, potremmo affermare con sicurezza che definire qualcuno scornacchiato non è un attestato di stima come esserlo non è motivo di vanto per nessuno.

A Mazzarri finora abbiamo fatto degli assist. Abbiamo valorizzato le sue azioni e lui si è andato a vendere all’altro scornacchiato. Ma noi, che scornacchiati non siamo, ci siamo andati a prendere il meglio che c’era”. Testo e musica di Aurelio De Laurentiis, nonostante le suddette parole siano ben lontane dal produrre un’armoniosa melodia e, se fosse il contrario, sarebbero paragonabili ad un motivetto sgangherato e non di certo ad una elegante sinfonia. E allora meglio parlare di trama e scenografia del vulcanico presidente partenopeo, con chiaro riferimento alla goliardia e alla leggerezza dei suoi cine-panettoni.

Comprensibile la delusione scaturita dal “tradimento” (visto che di corna si parla) di uno dei maggiori artefici delle gioie azzurre, culminate con una serie di successi insperati: il raggiungimento degli ottavi di Champions League, la conquista della Coppa Italia e il secondo posto dell’ultima stagione alle spalle di una inarrivabile Juventus. In pratica una sindrome d’abbandono tipica di chi vede scappar via una persona cara e non può nulla per propiziare il suo ritorno. Il numero uno del Napoli, però, è andato a “prendere il meglio che c’era”, rimarcandolo più volte e consegnando al nuovo tecnico giocatori di primissimo livello: gesti propri di chi prova ad attirare l’attenzione dell’infedele, sperando che volga il suo sguardo dietro di sè un’ultima volta.

Difficilmente intellegibili, invece, sono il tempismo e la dialettica scelti da Aurelio De Laurentiis per esternare pensieri ed emozioni. Sembra alquanto prematuro e ardito un confronto tra Walter Mazzarri e Rafa Benitez e, quindi, tra chi è di diritto nella storia del club partenopeo e chi deve ancora farvi il suo trionfale ingresso. In queste prime dodici giornate di campionato, l’allenatore spagnolo ha racimolato ventotto punti, soltanto due in più rispetto all’annata precedente. Allargando il bacino della nostra analisi,  Hamsik e compagni hanno realizzato ventiquattro reti e ne hanno subite undici (il precedente score era di venti gol fatti e sette incassati ndr): minime differenze a dispetto di una rosa più completa, costruita per competere in Italia e in Europa.

Ancor più inspiegabile è il riferimento astioso al Presidente Moratti (o a chi si è occupato in prima persona di mandare in porto l’affare), cui è affibbiato proprio l’appellativo in questione. Forse l’immagine dei due “amanti” che scompaiono all’orizzonte senza guardarsi indietro è un’atrocità difficilmente sopportabile da chi contempla la scena da lontano nella speranza che il nuovo superi, o almeno eguagli, il vecchio.

Ai nostri lettori il compito di capire chi, di questa storia, è il vero scornacchiato

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