Il ritorno di Kakà e l’autolesionismo rossonero

ritorno di Kakà“Siam venuti fin qua per vedere segnare Kakà…“, finalmente i tifosi milanisti sono stati accontentati. Ecco il gol di Kakà, al 54′ di Milan-Lazio, in una partita che sembrava non sbloccarsi mai. Un colpo degno dei tempi migliori, del vero Kakà. Qualche milanista ci avrà messo poco a tuffarsi nei ricordi di quei momenti magici e delle prodezze del brasiliano. Ancora meno ci avrà messo il sogno a frantumarsi di colpo, non appena Ciani ha schiacciato di testa la palla dell’1-1. Si torna alla realtà.

Sembra paradossale: la notizia migliore dell’estate rossonera potrebbe trasformarsi in un colpo (di mercato) suicida. Già, perché potrebbe accadere che il ritorno del figliol prodigo Kakà, che tutti i milanisti hanno salutato con gioia e commozione, porti a Galliani&co più sofferenze che soddisfazioni. Impossibile credere infatti che il gol di ieri sera non abbia risvegliato nelle menti dei milanisti ricordi lontani: come ceneri accarezzate dal vento, così i cuori rossoneri sono avvampati rivedendo in quel tiro che finisce all’incrocio tutta la grandeur del Milan che era e non è più.

Scherzare col fuoco, anche se è quello dei ricordi, può essere molto pericoloso. Lo testimoniano le facce deluse, i cuori spezzati, le smorfie improvvise quando la difesa rossonera, una ventina di minuti dopo la poesia di Kakà, si è fatta infilare per l’ennesima volta (tredicesima in campionato) dal molto più rude Ciani. Crash: al gol del pareggio si è sentito un rumore come di cristalli infranti, magari era il bicchiere che in quel momento sorseggiava il presidente Berlusconi, caduto a terra nel momento infausto della marcatura del laziale, o soprattutto delle fragili emozioni rossonere, riaccese da quella parabola brasiliana e poi frantumate, come cocci, al momento del pari.

Quella dei milanisti sembra proprio una condanna, una specie di mito di Orfeo, destinato a ripetersi a ogni prodezza di Kakà: una discesa agli inferi (o nella classifica, poco conta) che ieri è iniziata col tiro del 22, un fulmine a ciel sereno che riflette la luce delle glorie passate, ma poi, proprio quando il tifoso milanista assaporava di riabbracciare la sua amata Euridice (metafora della Champions) e tornare in superficie, ecco che davanti agli occhi si ritrova il brutto muso di Ciani, che lo riporta con crudeltà alla realtà. Maledetto Kakà, avranno pensato i rossoneri, che ci riporti con la mente ai trionfi passati, quando in panchina c’era Ancelotti, in attacco Inzaghi, a centrocampo Pirlo, in porta Dida (forse era già un incubo?)…

Ebbene sì, è questo uno dei pericoli a cui va incontro chi gioca col proprio passato. Qualcuno avrebbe dovuto avvisare Galliani: comprare Kakà non significa far tornare il Milan automaticamente alla grandezza di un tempo, semmai, quando in difesa hai Zapata e Silvestre, a centrocampo Muntari, un tale ritorno può avere solo l’effetto negativo di risvegliare negli animi dei tifosi il ricordo delle vecchie imprese, tormentandoli con le immagini di un passato che non può (per il momento) tornare.

Che poi il Milan sia una squadra a cui piace sempre confrontarsi con la sua immagine, con la tradizione, Sacchi, Van Basten, e chi più ne ha più ne metta, è risaputo. Ma stavolta i paragoni possono solo far venire il mal di testa.

“Siam venuti fin qua…”.

 

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