Salvate il soldato Kovacic

soldato Kovacic allenamentoDa catalizzatore di ordine nel caos e nell’anarchia tattica a fonte di dubbi e ripensamenti nell’applicazione delle convinzioni strategiche di Mazzarri, da pedina inamovibile nello scacchiere di Stramaccioni a pedone sacrificabile in quello del tecnico toscano, dall’essere necessario al diventare superfluo. Ecco a voi lo strano percorso di Mateo Kovacic, divenuto velocemente enfant prodige e fiore all’occhiello dell’ultima finestra di mercato invernale e finito, con altrettanta velocità, ai margini dell’undici titolare in questo avvio di stagione.

Complice un infortunio muscolare che ha compromesso la sua preparazione estiva e rallentato il recepimento degli schemi adottati dal nuovo allenatore, il croato è stato utilizzato con il contagocce e, soltanto contro Catania e Cagliari, non si è accomodato in panchina a partire dal primo minuto di gara. I guai fisici appartengono ormai al passato e, oggi, suonano più come un goffo tentativo di eludere le domande che vertono sullo scarso utilizzo del talentuoso centrocampista. Un modulo di gioco, il 3-5-2, che non sembra esaltare i suoi maggiori punti di forza e le qualità tecniche innate, riproponendo il solito amletico quesito: integralismo o camaleontismo tattico? E’ preferibile battere sempre lo stesso sentiero oppure intraprendere nuove soluzioni che si adattino maggiormente alla rosa a disposizione?

Sul finir della passata stagione, Stramaccioni ha ricamato su Kovacic il ruolo di regista, ponendolo come perno centrale attorno al quale far ruotare il centrocampo nerazzurro. Come esempio, potrebbe ritornare utile l’ultimo sussulto d’orgoglio di Zanetti e compagni nella vittoriosa partita contro il Parma di Donadoni, decisa dalla centunesima rete di Tommaso Rocchi. In campo con il 4-4-2 per mancanza di valide alternative, il tecnico romano ha schierato Kovacic e Kuzmanovic nella zona centrale del rettangolo di gioco. Il calciatore originario di Linz, dimostrando una maturità di gran lunga superiore a quella anagrafica, ha giocato con il carisma di un leader, preoccupandosi di far partire e, al contempo, rifinire la manovra nerazzurra. Emblematico del primo caso il fine colpo di tacco che, al sesto minuto di gioco, ha interrotto il possesso palla gialloblù, facendo rifiatare la retroguardia interista; la libertà di movimento concessagli in campo gli ha permesso, inoltre, di dare linfa e vitalità agli attacchi portati contro la porta emiliana, come nel caso dell’apertura che ha mandato in tilt la difesa avversaria e permesso a Jonathan di innescare Rocchi per il gol del vantaggio.

Considerazioni analoghe possono farsi relativamente al suo impiego nella nazionale croata, tra le cui fila ha esordito in occasione del delicato match contro la Serbia, valido per la qualificazione ai prossimi Mondiali. Il modulo prescelto è, ancora una volta, il 4-4-2 e, stavolta, il compagno di reparto è l’amico di vecchia data Luka Modric. Kovacic si erge a protagonista assoluto, abile nel possesso palla e devastante nelle sue proverbiali accelerazioni. E’ sorprendente quando, al 5′ minuto, cambia il ritmo della propria corsa in pochi millesimi di secondo facendosi strada tra i centrocampisti avversari; al 58′ è bravo a trasformare la fase difensiva in offensiva, saltando l’area del primo pressing serbo e sfruttando con un passaggio preciso l’inserimento sulla fascia destra in una delle tante occasioni pericolose create dalla compagine di Stimac.

Il 3-5-2 tipicamente mazzarriano non è il più adatto ad esaltarne le caratteristiche. Kovacic non sembra mai nel vivo del gioco  e appare sgravato dalle tante responsabilità di cui, un anno addietro, si era fatto carico per il bene della squadra. Il baricentro dell’azione si è spostato dalla zona mediana del campo alle corsie laterali, lungo le quali scorrono prevalentemente i contrattacchi nerazzurri, e il centrocampo è reso affollato dalla compresenza di cinque giocatori, ai quali si aggiunge Alvarez, che funge da cerniera con la zona d’attacco. Il croato, imbottigliato nel traffico, non trova lo spazio per partire palla al piede e creare superiorità numerica con il suo cambio di passo, limitandosi al fraseggio corto con i compagni di reparto. Lasciando pressocchè inalterati gli equilibri di squadra, la soluzione più consona consisterebbe nell‘avanzare di qualche metro il raggio d’azione del talento nerazzurro, favorendo una maggior fluidità e precisione negli ultimi 15-20 metri.

Dopo un buon avvio e il doloroso stop contro la Roma capolista, la sosta assolverà alla funzione di vera e propria pausa di riflessione, consentendo all’allenatore di scrutare nuovi orizzonti tattici con un imperativo categorico: salvare il soldato Kovacic.

 

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