I titolarissimi

titolarissimiProtagonista o comparsa. Spetta al regista l’arduo compito di scegliere il ruolo che meglio si adatta ad ogni singolo attore, distinguendo, di conseguenza, chi del film sarà l’acclamata star e chi una semplice comparsa: ai primi l’eternità, ai secondi l’oblio. Pochi riconoscimenti, poche battute, ma non per questo trascurabili: nella celeberrima saga del ragionier Fantozzi, legata indissolubilmente al nome di Paolo Villaggio, non può non aver suscitato ilarità e risate irrefrenabili la figura della figlia Mariangela, famosa per il suo aspetto scimmiesco e dimostrazione di quanto anche una comparsa possa essere utile alla causa.

Se il regista facesse Walter di nome e Mazzarri di cognome, la suddetta distinzione cinematografica assumerebbe un valore inestimabile, considerando che al tecnico toscano è, da sempre, attribuito il merito di aver coniato il termine “titolarissimi“. Nel caso in cui il vocabolario dedicasse qualche riga al precedente neologismo, questo denoterebbe la tendenza a schierare in campo la medesima formazione, senza modifiche rilevanti tra una partita e quella successiva. Una tecnica infallibile, se la si applica su squadre alla deriva per ricreare un’identità precisa e un gruppo coeso; una cura invidiabile per saldare i brandelli della psiche e della propria autostima in caduta libera.

Il “primo amore” mazzarriano è la Reggina e la sua prima “impresa epica” è la salvezza con i calabresi, conquistata l’ultima giornata sotto il non indifferente giogo degli undici punti di penalizzazione inflitti in ricordo dei misfatti di Calciopoli. Il tecnico di San Vincenzo fissa sin dall’inizio i punti fermi attorno ai quali costruire la permanenza insperata nella massima serie. Sugli altri spiccano i nomi di Bianchi e Amoruso che, a livello realizzativo, concluderanno la stagione in doppia cifra.

Un’ossatura ancor più solida e resistente ai cambiamenti avrà la Sampdoria nella stagione 2008/2009. “La teoria dei titolarissimi” inizia a configurarsi sempre più come croce e delizia di Mazzarri. Affidarsi a un numero ridotto di giocatori, quando si compete su tre fronti, presenta delle controindicazioni,ragion per cui unica soddisfazione dell’annata in questione sarà la finale di Coppa Italia, mentre il campionato e la Coppa Uefa cadranno nell’anonimato. Gastaldello in difesa, Palombo e Sammarco a centrocampo e la coppia del gol formata dal duo Cassano-Pazzini saranno gli inamovibili dell’avventura blucerchiata, durante la quale le uniche incertezze saranno rappresentate dal ballottaggio tra Pieri e Ziegler sulla fascia sinistra e dai possibili inserimenti di Delvecchio e Dessena in corso d’opera.

De Sanctis, Campagnaro, Cannavaro, Gamberini, Maggio, Behrami, Inler, Hamsik, Zuniga, Pandev e Cavani: non è la lista della spesa e nemmeno una filastrocca strampalata, ma il cast d’eccezione che ha interpretato la lunga cavalcata del Napoli verso il secondo posto dell’ultima stagione. Sceneggiatura imbastita nei minimi dettagli, attori di prim’ordine e regia impeccabile. Poche, invece, le comparse capaci di togliere spazio e minuti ai “fantastici 11“: stiamo parlando di Dzemaili, (nella parte del goleador occasionale) Insigne (nella parte di mina vagante) e dell’accoppiata Mesto-Armero, sempre pronta a regalare qualche meritato turno di riposo agli instancabili Maggio-Zuniga.

Trama poco fantasiosa, ma altrettanto particolareggiata ed efficace, visto che la storia si ripete anche alla guida dell’Inter. L’asse portante è albiceleste ed è costituito dal sorprendente Campagnaro, che proprio non può stare senza l’allenatore toscano, dall’indomabile Cambiasso, dal ritrovato Alvarez e da un Palacio in versione Mondiale. Difficile privarsene a tal punto che il turnover potrebbe diventare la nemesi e il vero antagonista dei nerazzurri nel corso del campionato.

Protagonista o comparsa, ciò che importa è calarsi nella propria parte…

 

 

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