Palermo-Inter, la lavagna tattica

Lavagna tatticaI nerazzurri salutano la trasferta in terra siciliana con l’amaro in bocca, a mani vuote e con una lacrima sul viso. L’ira funesta della cattiva sorte si abbatte ancora una volta sull’Inter completando l’opera sinistra di un disegno che definire sfortunato sarebbe un eufemismo.

Persino un manifesto eterno di longevità ed integrità fisica, un’icona inossidabile, una diapositiva mai sbiadita del tempo che passa e che resta come l’intramontabile capitan Zanetti è costretto ad arrendersi ed a lasciare anzitempo il campo (secondo infortunio in carriera al “Barbera” per lui, ndr).

Stramaccioni, che aveva optato inizialmente per un modulo speculare a quello proposto da Sannino, schiera una formazione rimaneggiatissima (ben 12 defezioni) e farcita di seconde e terze linee.

L’uscita di Pupi condiziona scelte e modulo, portando il tecnico romano a correggere il proprio impianto di gioco modificandolo dapprima in un 3-4-3 e poi in un 4-2-3-1.

L’ANALISI TATTICA

COSA HA FUNZIONATO – Considerando l’emergenza, lo stato di salute, le continue vicissitudini, molto probabilmente, per alcuni tratti, soprattutto della seconda frazione di gioco, l’Inter avrebbe potuto anche portar via da Palermo un punticino che, conti alla mano, sarebbe risultato, però, del tutto inutile. Soprattutto nel secondo tempo l’undici di Stramaccioni è riuscito costruire qualche traccia di gioco apprezzabile ed incisiva. Lo spostamento sulla corsia destra di Alvarez, come già successo in passato, ha esaltato le caratteristiche del mancino argentino regalando fluidità ed imprevedibilità a tutta la manovra nerazzurra. E’ da diverse partite, ormai, che Ricky Maravilla ed il brasiliano Jonathan sembrano aver trovato una discreta intesa che consente sistematicamente di sfondare sull’out e di creare superiorità numerica. In alcuni frangenti l’Inter è riuscita anche ad eseguire una buona circolazione di palla cercando sfogo sulle corsie laterali per raggirare la foltissima ed arcigna linea mediana rosanero. Ancora una volta sugli scudi l’ottimo Handanovic che, semmai ce ne fosse stato bisogno, ha avuto modo di riconfermare il motivo di cotanto interessamento da parte del Barcellona. Bene anche Ranocchia, autore di una prestazione pulita ed autorevole.

COSA NON HA FUNZIONATO – Soprattutto durante il primo tempo si è registrata una differenza di impatto, di cattiveria agonistica e di aggressività tra le due squadre. I contrasti, le seconde palle, i duelli fisici, la ricerca dell’uomo contro uomo sono diventati il terreno di scontro sul quale Sannino ed i suoi uomini hanno voluto portare l’Inter per smascherarne le fragilità. Troppo facile, poi, per l’Inter subire gol e troppo difficile per l’Inter realizzarne. Subire una rete come quella confezionata da Ilicic porta la mente ai campetti polverosi degli oratori dove approssimazione e sbadatezza costituiscono ingredienti ordinari e legittimi. Sui campi di  Serie A  l’equilibrio gioca su un filo che, sempre più spesso, viene spezzto da dettagli e particolari episodici. Male, dunque, Silvestre e malissimo Schelotto, nè carne e nè pesce, nè esterno alto e nè centrocampista. E’ sempre ingeneroso, imbarazzante ed inopportuno puntare il dito e gettare la croce su singoli professionisti che cercano sempre il meglio, ma regalare uomini agli avversari è un limite che l’Inter di questi tempi non può proprio concedersi. In alcune situazioni di gioco è mancata la capacità di attaccare adeguatamente e con più uomini la profondità. Il lavoro da centravanti di manovra del povero Rocchi, infatti, avrebbe dovuto liberare lo spazio per gli inserimenti senza palla del secondo e del terzo uomo. Al contrario, i riferimenti avanzati dell’Inter hanno cercato frequentemente la palla nei piedi rendendo i ritmi compassati e consentendo al Palermo di ripiegare comodomente e di riorganizzarsi facilmente.

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