Inter-Roma, la lavagna tattica

Lavagna tatticaIn un silenzioso e mesto San Siro l’Inter saluta l’ultimo obiettivo della sua maledetta stagione. All’ultimo momento Stramaccioni riceve un ultimo sgarbo dal beffardo destino ed è costretto a rinunciare anche ad Esteban Cambiasso.

Ciò che resta dell’Inter(una squadra intera fuori per infortuni e squalifiche), nonostante tutto, sfiora la remuntada e, per quasi un’ora, fa brillare gli occhi teneri dei propri tifosi. Alla lunga la Roma prenderà campo, coraggio e qualificazione.

Tre ragazzi della Primavera chiuderanno in campo, quasi a suggerire un inevitabile passaggio di consegne e di testimone che chiude una pagina indelebile di una gran bella storia.

L’ANALISI TATTICA

COSA HA FUNZIONATO – Per 55 minuti l’Inter regala speranze e suggestioni fantasiose al proprio pubblico. I ragazzi di Stramaccioni mettono in soggezione una Roma che, nonostante una carataura tecnica superiore, viene contenuta ed arginata senza particolari patemi, se non in qualche rara occasione. Il 4-3-3 disegnato dal mister romano trova interpreti sicuri ed insoliti attori protagonisti. L’Inter va avanti con coraggio e determinazione, sfrutta bene l’ampiezza del campo e sviluppa buone trame votate alla profondità. Kovacic ispira con la solita autorevolezza, gli interni di centrocampo(Zanetti e Kuzmanovic) dettano i tempi del pressing alto accorciando, coprendo e riuscendo a mantenere la squadra corta e compatta. Rocchi, praticamente, fa reparto da solo, impegnando la linea difensiva avversaria, lavorando egregiamente di sponda e favorendo il fraseggio corto utile per gli inserimenti senza palla. Proprio da un’azione congegnata in questo modo nasce lo strepitoso gol del vantaggio, con la perfetta esecuzione finale del redivivo Jonathan che, anche se solo per l’occasione, decide di travestirsi da Maicon e di regalarsi un attimo di impareggiabile notorietà. Troppo bello per essere vero e troppo bello per un’Inter che si regala il sapore dolce di un’impresa impossibile. Ricky Alvarez, con i suoi continui guizzi in velocità e con le sue giocate improvvise di classe, sfida con sfrontatezza l’armata giallorossa, stuzzica le fantasie del pubblico ed accende quella fiammella di illusione e miraggio che un superlativo Handanovic (rivedibile, forse, soltanto sulla terza marcatura di Torosidis) conserverà viva per più di un tempo.

COSA NON HA FUNZIONATO – Per capire cosa non ha funzionato bisogna volgere lo sguardo altrove, bisogna voltarsi indietro ed esaminare problemi cronici, in parte strutturali, in parte ascrivibili alla sfortuna, che hanno messo dapprima in ginocchio e, poi, al tappeto la squadra di Moratti. A voler essere troppo tignosi e severi nelle critiche si farebbe un torto enorme ad una squadra che non ha mai avuto vergogna di metterci la faccia, anche a condizione di frustrare la propria dignità e la propria anima. Viene da chiedersi cosa avrebbe potuto osare di più l’Inter vista contro la Roma per tentare di strappare la qualificazione alla finale di Coppa Italia. Che senso avrebbe, adesso, dire che Schelotto ha ciondolato in campo litigando con la palla e con i suoi fondamentali? O che Torosidis, così come Raimondi, ha asfaltato nella seconda frazione di gioco la corsia sinistra difensiva dell’Inter? Oppure che per una stagione intera la squadra ha subito gol in fotocopia a palla libera e scoperta a causa, in parte, di una linea difensiva poco pulita e con poco filtro? Che senso avrebbe, adesso, dire ciò che non ha funzionato, ricercare colpevoli, colpe e carnefici in una formazione in cui ognuno è vittima di un passato troppo grande e di un presente troppo piccolo?

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