Cagliari-Inter, la lavagna tattica

Lavagna tatticaAltra giornata da dimenticare per l’Inter che rientra da Trieste con zero punti, altri infortuni e tanto amaro in bocca. Stramaccioni, a sorpresa, un inaspettato 4-2-3-1, con il trio Alvarez-Kovacic-Guarin posizionato davanti alla coppia Cambiasso-Gargano e alle spalle di Rocchi, rovesciando, quindi, il triangolo di centrocampo con il chiaro intento di regalare più certezze alla retroguardia, supportata dalla sagacia tattica di Cambiasso, e portando il numero 10 croato sulle tracce del metronomo Conti. Una scelta ponderata ed efficace che limita al massimo un Cagliari in grande spolvero (solo una sconfitta in tutto il 2013, ndr) ma che, evidentemente, non riesce a limitare la sorte avversa e l’ennesima topica della classe arbitrale.

L’ANALISI TATTICA

COSA HA FUNZIONATO – I nerazzurri, almeno per un’ora, hanno dato la sensazione di condurre le redini del gioco e di gestire il campo con personalità, ordine, idee e razionalità. Il disegno tattico della vigilia, pensato dal mister romano, prevedeva un centrocampo più folto (anche per fare di necessità virtù), due esterni bravi ad accentrarsi per poter sfruttare l’ampiezza alzando gli esterni difensivi, Kovacic ad ispirare sulla trequarti ed una punta, Rocchi, brava sia in area di rigore che a manovrare portando fuori i difensori ed aprendo varchi utili. Ottima, nonostante il risultato negativo, la prova della catena destra che con il solito Zanetti ed un ottimo Alvarez ha giganteggiato, sfondando costantemente. Ricky Maravilla ha regalato sprazzi di classe pura, confermando tutto il suo valore. L’ex Velez, ancora una volta, ha dato il meglio di sé partendo dall’esterno, dimostrando di preferire ampiamente una posizione più larga che gli consenta di puntare l’uomo e di sfruttare le sue capacità nell’uomo contro uomo. Per lunghi tratti tutta l’Inter è sembrata essere convincente, soprattutto quando, a folate, ha deciso di alzare i ritmi, di forzare le giocate con il fraseggio corto e di abbandonare il possesso palla cadenzato e compassato in orizzontale. Un encomio va rivolto anche al povero Rocchi che, da solo, ha lottato come un leone contro l’ottima difesa sarda e, contemporaneamente, contro il peso gravoso degli anni e quello della derisione sprezzante ed offensiva degli ultimi tempi.

COSA NON HA FUNZIONATO – Infortuni nuovi e ricadute. Certo che l’Inter di questi tempi non si fa mancare proprio nulla. Se è vero che una funerea maledizione ed una nuvoletta fantozziana si sono posate sui cieli della Pinetina, è pur vero che qualcuno si debba assumere la responsabilità di spiegare a Moratti, Stramaccioni ed ai tifosi il perché di così tanti infortuni di natura muscolare (non traumatica) ed il perché di ricadute così repentine come quella che ha afflitto il povero Nagatomo. Una Caporetto disarmante che sta depauperando un’Inter già affossata oltre i propri demeriti. Pur volendo fuggire da una logica piagnona che conduce alla sistematica e spasmodica ricerca di alibi, non si può non ammettere che tanti, forse troppi, fattori non riconducibili alla sfera della volontarietà stanno determinando i risultati dei nerazzurri, privandoli di sicurezza e fiducia. Il grande limite psicologico più che tecnico delle ultime uscite è stato proprio quello di non saper reagire alle ingiustizie ed all’imponderabile. L’Inter, alla minima difficoltà, si scioglie come neve al sole finendo per imprigionarsi in una matassa di equivoci e contraddizioni. Un circolo vizioso che blocca menti e gambe paralizzando e frustrando ogni tentativo di rimonta. Da un punto di vista squisitamente tattico, come già successo con l’Atalanta, i nerazzurri non hanno saputo opporsi adeguatamente all’ingresso di un terzo riferimento offensivo nella squadra avversaria. Alla retroguardia nerazzurra, che spesso è sembrata avere un atteggiamento passivo, va concessa l’attenuante di essere scarsamente assistita e di doversi muovere, per ampi tratti, a palla libera e scoperta. In fase offensiva, poi, bisognerebbe avere il coraggio di portar più uomini a supporto del pacchetto avanzato e di attuare una pressione più alta nella riconquista della palla, invece di inseguire quella logica tutta italiana di scappare indietro per difendersi negli ultimi 30-40 metri.

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