Ricomincio da Trenza

Palacio copiaVenti(due) di passione. I sigilli di Palacio, rispettivamente il ventunesimo e il ventiduesimo in stagione, consentono ai nerazzurri di espugnare il Ferraris, campo tutt’altro che agevole, come dimostrano il pareggio del Milan e la sconfitta della Roma, raggiungendo la Lazio a quota 50 e navigando a vista dal terzo posto, ora distante sette lunghezze.

Inter non irresistibile, ma attenta, ordinata e cinica al punto di capitalizzare quasi al 100% le occasioni nitide da gol avute nei 90 minuti, al cospetto di una Sampdoria generosa, ma che sulla sua strada ha trovato un Handanovic, di giallo vestito, versione Batman, dominatore dell’area di rigore e muro invalicabile tra i pali.

In tempi di magra come questi, una vittoria da squadra matura è sempre una nota lieta, così come da evidenziare sono le prestazioni di coloro che saranno la base per la stagione che verrà: già detto del fenomeno che indossa la casacca numero 1, di rilievo è stata la gara di Juan Jesus, abile a inibire lo spauracchio Icardi e la “zanzarina” Sansone, al pari di Kovacic, puntuale in cabina di regia e in costante crescita, senza dimenticare il man of the match, quel don Rodrigo che, a suon di reti, sta tirando a Strama la volata per un piazzamento in Champions e per la riconferma nel campionato che verrà.

A fare da contorno, oltre alla bella giornata primaverile e al calore della Genova blucerchiata, comprimari che hanno disputato la loro onesta partita, da Zanetti, eroe di mille battaglie, a Pereira, ancora assistman dopo la pennellata di Catania, passando per Gargano, prezioso scudiero del baby croato e abile a tamponare gli inserimenti dei mediani genovesi.

L’unica nota un po’ stonata di un concerto non da “pelle d’oca”, ma senza dubbio gradevole, è stato Guarìn, lontano parente del guerriero di qualche mese fa in grado di spaccare partite mixando forza e potenza: egoista nella prima frazione, quando rinuncia a un assist per Jonathan facendosi rimontare da Palombo, impreciso nel finale, su servizio al bacio di Palacio, confusionario e a tratti supponente per tutti i 90 minuti, in cui ha alternato giocate individuali mal riuscite a lanci spesso fuori misura.

Guai a scagliare pietre contro chi, per quasi due mesi, ha retto sulle sue spalle, insieme a Palacio, l’intera capacità di creare qualcosa in fase offensiva, risentendone proprio ora che, con le geometrie di Kovacic, la manovra risulta più fluida e meno improvvisata; anche il colombiano sarà elemento cardine del futuro, oltre che del presente per la rincorsa all’Europa che conta.

Poi c’è lui, l’avversario di ieri nonchè il compagno di domani, quel Mauro Icardi che ha segnato 8 reti nel 2013, attirando su di sè l’attenzione di molti, compresi i commissari tecnici di Italia e Argentina; il numero 98 doriano, seppur non nella sua versione migliore, ha fatto intravedere giocate di livello, specie nelle due torsioni aeree che hanno avuto poca fortuna, la prima per merito dei guantoni di Handa, la seconda per qualche centimentro d’imprecisione.

L’Inter di oggi riparte dal Trenza, dalle sue reti e da un’organizzazione globale che sembra in crescita, rilanciandosi nella lotta alla terza piazza (confidando nell’amico calendario e in qualche passo falso dei cugini) e gettando le basi per il futuro: vietato sbagliare, è l’unica cosa che conta da qui fino a maggio.

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