L’Inter ritrova la voglia di lottare: sfuma sul più bello una storica rimonta

Cassano delusione Inter-TottenhamPrima di iniziare ogni qualsiasi tipo di analisi, commenti e giudizi, fermiamoci tutti un attimo e prendiamo un bel respiro: ripercorriamo, dal primo all’ultimo, i 120 minuti di questa sfida che poteva consegnare l’Inter alla storia, ma che, per colpa di un tap-in di Adebayor, non entrerà tra le rimonte leggendarie del calcio europeo. Ripensiamo ai dubbi che ci hanno accompagnato durante la giornata, al piacere di vedere i nerazzurri vivi e carichi e gli Spurs molli e impauriti senza “l’alieno” Bale.

Immaginiamoci ancora una volta i gol, dalla “zuccata” di Cassano al colpo da biliardo del Trenza, dall’autorete di Gallas al gol di Alvarez che ci ha ridato fiato per cantare e credere alla rimonta, nonostante il parziale 3-1 del sopracitato Adebayor; riviviamoli ancora un momento, anche con un pizzico d’amaro in bocca: è stato veramente bello, comunque sia andata a finire.

La “partita che non c’è” si è trasformata in uno dei match di Europa League (e non solo) più intensi degli ultimi anni: il Tottenham, forte del 3-0 casalingo, si presenta a Milano con un atteggiamento prudente, con Sigurdsson e Dembélé sulle corsie esterne a proteggere i terzini Walker e Naughton in un 4-4-2 che prevede il duo Adebayor-Defoe in avanti; Strama, dal canto suo, manda un chiaro segnale alla squadra, ossia quello di onorare l’impegno, schierando Guarìn alle spalle di Palacio e Cassano, con Kovacic playmaker e Gargano e Cambiasso a sostegno.

La partenza dell’Inter è incoraggiante, con la difesa dei londinesi che si dimentica di Cassano, toccato in maniera leggera da Gallas: il barese cade, ma per l’arbitro si può proseguire. Il talento di Bari Vecchia, però, si riscatta poco dopo con un colpo di testa ben calibrato su assist di Palacio: Friedel è battuto e la Milano nerazzurra inizia a credere alla rimonta.

Due ghiotte occasioni, una per parte, capitate sui piedi dell’infaticabile Palacio (pallonetto che colpisce la traversa) e del centravanti togolese Adebayor (colpo sotto che termina alto di poco), sono gli altri lampi di un primo tempo ben giocato, soprattutto per merito dell’Inter.

La ripresa, se possibile, vede Zanetti e soci ancor più arrembanti e convinti del primo tempo: bastano pochi minuti a Palacio per battere Friedel, infilando la palla nell’angolino destro con una precisione chirurgica, facendo impazzire di gioia il popolo nerazzurro.

I bianchi di Londra, maestri nell’attaccare e nell’imporre il ritmo alla contesa, sembrano ragazzini alle prime armi, incapaci di tenere i “giri del motore” di Kovacic, Gargano e Cambiasso; il tanto discusso centrocampo, per una volta si prende il boato di San Siro a ogni pallone in verticale o a ogni contrasto riuscito: un altro segnale che la rimonta potrebbe davvero compiersi.

Infatti, al minuto 75, una punizione di Cassano si trasforma in un flipper nell’area londinese, deviata prima dalla barriera e poi toccata maldestramente da Gallas nella propria porta: è 3-0, il risultato che tanti sognavano, ma a cui pochi realmente credevano.

Il paradosso è che l’Inter, in piena foga agonistica, non smette di attaccare e il Tottenham è clamorosamente alle corde: la chance per chiudere la contesa addirittura nei 90 minuti regolamentari capita sui piedi di Cambiasso a pochi secondi dal termine, ma il suo sinistro manca il bersaglio grosso per una questione di centimetri, strozzando l’urlo in gola al popolo interista.

Si va ai supplementari, dove la fatica si fa sentire e dove gli Spurs sono bravi a capitalizzare l’unico vero momento di appannamento nerazzurro, siglando il 3-1 con Adebayor, lesto a ribadire in gol un sinistro di Dembélé respinto da Handanovic.

Chi si aspettava un effetto “neve al sole” degli uomini di Strama rimane piacevolmente sorpreso, visto che l’Inter getta il cuore oltre fatica, crampi e delusione, realizzando il gol del 4-1 con Alvarez all’inizio del secondo tempo supplementare; l’ultima occasione per il 5-1 capita a Ranocchia, improvvisato centravanti, ma il suo colpo di testa da buona posizione è alto. Gli uomini di Villas-Boas, i quali hanno “visto le streghe” per 120 minuti, possono esultare e accedono ai quarti di finale.

Nonostante l’amaro in bocca per una rimonta sfiorata e per l’eliminazione, questa serata di metà marzo ridà alla Milano nerazzurra un’Inter viva e vogliosa di lottare fino all’ultimo, proprio com’è nel suo DNA. Dopo partite come queste, in cui si sono visti uno spirito di sacrificio e una dedizione encomiabili, quasi commoventi, il risultato, seppur beffardo, passa in secondo piano: usciamo dall’Europa League, ma a testa alta. Anzi, altissima.

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