Il valore della memoria europea

Fortunatamente è finito. Mancavamo da un po’ nella competizione e ci era sfuggito il fantastico formato messo in piedi da Platini, che ci ha costretti a due turni preliminari, un girone circense e dieci partite complessive per raggiungere l’agognato turno a eliminazione diretta.

Pare che lo facciano per la spettacolarità e per i tifosi. Ma noi di calcio champagne ne abbiamo visto poco e ieri sera a San Siro gli spettatori erano o assenti o vestiti da sediolino. La sparuta minoranza presente non ha però fatto mancare il suo sostegno, onorando l’impegno fino all’ultimo secondo, esempio seguito dall’undici nerazzurro che, seppur infarcito di giovani di belle speranze, ha ben figurato.

Contro un determinato ma limitato Neftçi il pareggio finale è risultato bugiardo, frutto di una traversa, un rigore netto non assegnato, una rete regolare non convalidata e un estemporaneo due su due al tiro degli azeri, che pareggia i gol di Marko Livaja, terzo marcatore di quest’edizione dell’Europa League, capace di alternare giocate geniali a sciocchezze madornali, come da migliore tradizione balcanica.

Tra i tanti giovani in campo, tutti convincenti per qualità delle giocate e ancor più per l’approccio alla gara, spicca Benassi, metronomo di centrocampo con fare da veterano. Il ragazzo classe ‘94 corre, recupera palla, si impone come leader silenzioso del centrocampo, ma soprattutto ci regala la gioia di assistere all’insolita esibizione di un mediano vestito di nerazzurro che provi ad impostare la manovra. E talvolta ci riesce anche. Quanto basta per meritare un’altra occasione.

Il raggiungimento del traguardo delle gare da win or go home mette sempre in funzione la macchina dei ricordi. Lo scorso anno ci emozionavamo al ricordo del Triplete, quest’anno lo sfruttiamo per rimembrare la fantastica notte di Parigi in cui alla Lazio fu servita la tripletta nerazzurra da parte di Ronaldo, Zamorano e Zanetti, che valse la terza e ultima affermazione nella coppa minore d’Europa.

La memoria è valore da preservare. Ce li ricordiamo gli ironici sostenitori a giorni alterni della teoria del ranking europeo da preservare, tifosotti di squadre italiane che in Europa League tracollavano contro squadre dal nome ben più impronunciabile di quello della squadra azera e comunque non facevano di meglio all’interno dei confini italici. Provi ad emulare le imprese dell’armata di Mourinho, chi ancora può. Noi curiamoci di restituire la dignità che merita la coppa che ci fece alzare Ronaldo quindici anni fa.

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