Saijo-Milano solo andata: il piccolo samurai Nagatomo corre veloce

Si narra che la capacità di Yuto Nagatomo di resistere alla fatica sia merito delle umeboshi, ossia di prugne marinate sotto sale che, grazie alla ricchezza di acido citrico, permettono di smaltire la fatica stessa molto più velocemente. Un aneddoto curioso per un personaggio altrettanto curioso, vincitore con la nazionale del Sol Levante della Coppa d’Asia 2011 e primo giapponese nella storia dell’Inter.

L’arrivo in estate di Alvaro Pereira avrebbe fatto pensare a un impiego “part-time” del difensore nativo di Saijo, città giapponese della prefettura di Ehime; l’ex difensore del Cesena, infatti, nelle formazioni ipotizzate prima dell’inizio della stagione 2012/2013, avrebbe dovuto essere la riserva di Zanetti o dello stesso Pereira.

Nagatomo, invece, con la solita umiltà e il suo modo di fare che lo rende un vero e proprio beniamino della curva interista, ha conquistato la titolarità della fascia sinistra grazie a prestazioni convincenti e gol pesanti (l’ultimo il 20 settembre per il 2-2 finale in Europa League con il Rubin Kazan).

Il giapponese è anche uno dei giocatori più apprezzati nello spogliatoio nerazzurro, fin dal suo arrivo nel gennaio 2011: l’inchino con Zanetti nel giorno del suo primo gol in nerazzurro contro il Genoa, il feeling immediato che instaurò con Materazzi e gli scherzi di Cassano fanno capire come Yuto sia stimato e ben voluto da tutti.

Stima che nutre per lui anche Stramaccioni, il quale, per sbancare lo Juventus Stadium, ha schierato il nazionale giapponese sulla corsia di sinistra, a completare un centrocampo a 4 con Zanetti, Gargano e Cambiasso.

Il compito di Yuto non era certo dei più semplici: tamponare le discese di Lichtsteiner, essere pronto all’occorrenza ad accentrarsi per vanificare gli inserimenti di Vidal e dar manforte agli attacchi interisti, sovrapponendosi con continuità per lasciare l’attaccante sinistro (il più delle volte Cassano) libero di tentare l’uno contro uno.

Sabato sera a Torino gli mancava solo lo hachimaki, la bandana che, nella tradizione giapponese, indica impegno e perseveranza: chilometri macinati sulla fascia sinistra, continuo apporto alla manovra d’attacco e pericolosità nell’area avversaria (suo l’assist per il definitivo 3-1 di Palacio, ndr).

Non si è fatto travolgere dall’agonismo di Lichtsteiner come quest’anno era successo a tanti altri (vedi Balzaretti e Zuniga per citarne alcuni), ma è stato lui a metterlo in difficoltà a più riprese, facendogli perdere lucidità e sicurezza, puntandolo continuamente e creando insidie alla retroguardia bianconera.

Conte è dovuto correre ai ripari inserendo Caceres al posto dell’esterno svizzero, onde evitare di giocare con un uomo in meno, ma il piccolo giapponese non si è scomposto e ha continuato imperterrito a scavare un vero e proprio solco sulla fascia mancina.

La grande prestazione di Yuto ha dato un notevole contributo alla banda nerazzurra,che, a distanza di più di 7 anni, è tornata a battere la Juventus a Torino in campionato (l’ultima vittoria risaliva all’aprile 2005, 1-0 gol di Julio Ricardo Cruz).

Per continuare a competere con la Juventus per la conquista dello scudetto serviranno tanta corsa e tanto impegno; Yuto, certamente, non farà mai mancare il suo prezioso apporto alla causa nerazzurra.

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