Ai confini della fede

Abbiamo visto di meglio. E’ bene premetterlo. Abbiamo visto di molto meglio e lo “spettacolo” di Verona è stato ai limiti della dignità. Ma la fede in una squadra non è anche questo? Soffrire, sacrificarsi all’altare di un amore maggiore, di obiettivi superiori che talvolta si faticano a intravedere.

Il tifoso interista rappresenta il fedele devoto che alla fine ha visto premiati i tanti anni trascorsi da martire con la gloria, su cui si è talmente adagiato in un breve periodo di perdizione da essere ricacciato negli inferi del calcio. Costretto di settimana in settimana a subire la presenza in campo, quasi dogmatica, di giocatori in difficoltà come Cambiasso e Sneijder (per fortuna talvolta la lealtà è ripagata con i miracoli) o il flagello biblico degli infortuni che si abbatte sui propri beniamini, prosegue comunque il suo percorso di fede e si accontenta anche di piccole gioie, come una “brutta” vittoria a Verona, guidati dal talento di un peccatore che appare finalmente redento.

Cambia radicalmente il modulo, cambiano pochi interpreti, cambia ancor meno l’andazzo. I problemi restano e non sarà un rimescolamento degli uomini a farli dimenticare. Il 3-5-2 non risolve le deficienze in fase di costruzione del gioco, aggravate dal forfait dell’ultimo minuto di Chivu e dal momento di appannamento di Guarin, tutt’altro che un costruttore di gioco, ma almeno capace di creare superiorità con la sua fisicità dirompente, quella che aveva mostrato nelle prime uscite stagionali e poi è sparita.

Col “nuovo” modulo, che in fin dei conti dispone i giocatori allo stesso modo della gara di Torino, sulle fasce Pereira e Nagatomo, spesso imprecisi ma senza dubbio i più in forma, godono di maggiore libertà e non è un caso che siano loro a confezionare, seppur in maniera fortunosa, la rete del vantaggio. I giovani del reparto difensivo, dopo un avvio stentato, trovano nel vecchio Samuel una guida e sedano l’attacco clivense con la complicità di un rassicurante Handanovic.

Per tutto il resto c’è Antonio Cassano, che nei pochi minuti di autonomia è un liofilizzato di efficacia, tutto ciò che Sneijder non riesce (ancora) ad essere. Il lieve infortunio dell’olandese potrebbe permettere alla squadra, attualmente incapace di supportarlo, di trovare l’equilibrio e, soprattutto, il ritmo di cui Sneijder ha bisogno vitale.

“Blessing in disguise”, la definirebbero gli americani. Un miracolo con le vesti di una disgrazia. In fondo, basta avere fede.

Giovanni Cassese

(Twitter: @vannicassese)

Impostazioni privacy