Just for fun

Se non altro ci si è divertiti. E’ quello che devono aver pensato tutti i tifosi interisti al termine dello scoppiettante cinque a quattro che ha piegato un Genoa più delicato del giunco leopardiano. Il divertimento è assicurato quando, dopo mesi passati con un ultrasessantenne, ti ritrovi tutto ad un tratto a trascorrere il pomeriggio con uno che ha poco più della metà dei suoi anni. Il frizzante match di San Siro mette per qualche ora un freno all’oscillazione – per tornare alle parole del poeta di Recanati – frenetica tra “gioia e dolore” (peraltro preoccupantemente sbilanciata dal lato della sofferenza) dell’animo dei fedeli nerazzurri in stagione. La frenesia e l’entusiasmo del nuovo arrivato in panca coinvolgono. Ci perdonino Ranieri e le sue lacrime, ma erano anni che non reagivamo con un sorriso ad ogni ripresa a bordo campo. Un paio di anni, potremmo dire.

Il coraggio a metà del giovane Stramaccioni riceve logicamente un premio dimezzato: giusto credere in idee tattiche e in un modulo che possa restituire dinamismo a una squadra troppo statica, a rischio di dar spazio al ghettizzato Zarate, che lo rimunera con una prestazione al di sopra della sufficienza (la prima quest’anno dal primo minuto) e un gol da favola. Meno giusto continuare a puntare nel reparto difensivo, paradossalmente al di sopra degli standard recenti in una partita dal risultato fin troppo bugiardo, sul sempre più deleterio Lucio, a scapito di Ranocchia, che può e deve essere punto fermo di qualsiasi (eventuale) progetto futuro. Gli errori di posizionamento e l’ennesimo fallo insensato dovrebbero bastare per mutare il giudizio di Stramaccioni. E se non bastassero quelli, la squalifica del brasiliano farà il resto. Non può mancare un aiuto dall’alto a uno che sta seguendo un percorso da predestinato.

La squadra sembra seguire pedissequamente le caratteristiche (più attitudinali che tecniche) dei propri allenatori: goffa e sconclusionata a inizio anno, prima solida ma poi presto stanca e priva di fantasia a metà stagione, finalmente tonica anche se a tratti irrazionale ieri pomeriggio. Il 4-3-3 esalta Poli, migliore in campo soprattutto nei minuti finali, fino ai quali a 21 anni è evidentemente capace di resistere, e Cambiasso, a suo agio in un contesto dove può fornire alla causa inserimenti ficcanti e sagacia tattica, grazie a chi copre al suo posto le zolle di campo che un tempo dominava e a cui ora è diventato allergico. Il solito immenso Milito, liberato dall’intralcio di Pazzini, dà adito ad istanti di nostalgia verso palcoscenici che l’hanno visto protagonista in una sola stagione da ètoile e che meriterebbe ancora di calcare.

Vedere annaspare quelle che fino a qualche mese erano le rivali per il terzo posto fa rabbia e fa crescere il rimpianto per il mancato raggiungimento di un obiettivo minimo fin troppo alla portata. Potersela giocare è un sogno che i sette punti di svantaggio e l’inaffidabilità dell’Inter non permettono di cullare. Eppure ci basterebbe poco.

Ci basterebbe non essere soddisfatti nel dire “Se non altro ieri ci si è divertiti”.

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