Mossa perdente

Quando nella formazione titolare schieri 7 ultratrentenni hai un problema. Quando i tuoi acquisti più pagati nel calciomercato estivo sono altrove o costantemente in infermeria hai un problema. Quando il tuo miglior acquisto del mercato di riparazione si presenta già infortunato hai un problema. Quando il tuo tiratore scelto per i calci piazzati è un centrocampista di rottura appena prelevato dalla serie B hai un problema. Quando tenti di far coesistere due attaccanti d’area e non hai chi la palla in area la faccia arrivare hai un problema. Quando ti arrendi dinanzi all’inutilità di uno dei due e per sostituirlo hai solo uno sbarbatello che ha dimostrato ben poco hai un problema.

Quando tutti questi problemi e almeno un altro migliaio coesistono sei di fronte a una catastofe. Solo così può essere definita la sconfitta di Roma e il momento storico dell’Inter. Stavolta non una sconfitta umiliante contro l’ultima della classe o una rimonta subita ingenuamente da una squadra di medio livello. Stavolta è diverso: l’Inter viene battuta da una squadra che le è superiore in voglia, ma ancor più in talento. La Roma ricorda ai nerazzurri tutto quello che in questa stagione sono stati ma non potranno essere: gli stenti iniziali e il malumore dell’ambiente sono stati lentamente dimenticati grazie al talento e alla gioventù, che con un pur incompleto e discutibile mercato estivo i dirigenti giallorossi sono riusciti ad assicurare a una squadra in crisi.

I vari Pjanic, Borini e Lamela sono la base di un’ossatura, tutt’altro che acciaccata, di squadra in cui campioni in là con gli anni come Totti e Juan possono recitare da guest star senza eccessive pretese o responsabilità a caricare le loro stanche spalle. Pensare a risultati a breve termine è assurdo, ma quantomeno ci si assicura una base solida per il futuro, magari più immediato di quanto si possa credere. Il trionfo romanista di ieri è il successo di quella progettualità di cui tanto parlava (e per il quale veniva deriso) Spalletti, allenatore della Roma che non è mai riuscita a superare l’Inter.

La dirigenza nerazzurra – e forse ancor più Moratti – non è mai riuscita a distaccarsi del tutto da quegli anni, varando una strategia di smobilizzazione lenta nel tentativo di vincere “in changing”. Il disegno di corso Vittorio Emanuele si è rivelato un fallimento totale, innanzitutto per la mancanza di risultati ma soprattutto per lo spreco della tolleranza e della pazienza che, nel post-triplete, tutto l’ambiente nerazzurro ha ovviamente e ossequiosamente mostrato, dando vita all’habitat naturale per la ricostruzione. Occasione sprecata e che difficilmente si ripresenterà. Al desiderio preminente di vivacità e bel gioco si è ora affiancata nell’animo dei tifosi nerazzurri la nostalgia delle vittorie a cui politiche lungimiranti e interpreti brillanti li avevano abituati.

Chi è seriamente intenzionato al bene dell’Inter e alla riconquista dei suoi sostenitori cambi strategia e si metta al lavoro. Chi non ne ha più voglia si faccia da parte.

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