 Non ci siamo confusi, l’accento nel titolo è voluto. Non intendiamo affatto trascrivere la celebre frase inscritta sulla bandiera brasiliana (“ordem e progresso”). Troppo distanti dal futbol bailado, troppo lontani dall’entusiasmo carioca, filosoficamente opposti al “Brazilian way of life” raccontato da Alex Bellos nelle immortali pagine di “Futebol”.
Non ci siamo confusi, l’accento nel titolo è voluto. Non intendiamo affatto trascrivere la celebre frase inscritta sulla bandiera brasiliana (“ordem e progresso”). Troppo distanti dal futbol bailado, troppo lontani dall’entusiasmo carioca, filosoficamente opposti al “Brazilian way of life” raccontato da Alex Bellos nelle immortali pagine di “Futebol”.
L’Inter di oggi è rigore, disciplina e cinismo: un ambiente in cui il giapponese Nagatomo ritrova il suo habitat naturale. In gol per la seconda settimana consecutiva, ma paradossalmente questo è il minimo. Il nipponico gioca da “campeao”, alternando chiusure perfette e sgroppate furibonde, gol salvati sulla linea della propria porta e reti, per l’appunto, segnate. Non a caso nella ritardata trasferta di Genova mancano i brasiliani Maicon e Coutinho, ma i protagonisti carioca che rimangono si adattano al palcoscenico. Dalla terra di Pelè e Garrincha non sbarcano più talenti tutto genio e sregolatezza, ma portieri saracinesca e difensori arcigni, come Julio Cesar e Lucio, materiale che in passato avrebbe permesso alla nazionale brasiliana di essere molto più che “pentacampeao” mondiale. Infine Thiago Motta, italianizzato più sul campo di calcio che sul passaporto: non più incursore ficcante nelle aree di rigore avversarie, ma diga catenacciara davanti a una difesa perfetta.
La verità è che in questa squadra, che subisce il primo tiro in porta solo durante il forcing finale genoano, c’è tanta italianità, quella trasmessa da Ranieri a una squadra storicamente internazionale, non solo nel nome. Ogni sostenitore della Beneamata sogna il bel gioco, ma, se proprio vogliamo essere realisti, non l’abbiam visto nemmeno negli anni di splendore. I trionfi più gloriosi sono arrivati col sacrificio e lo spirito battagliero, quelli su cui ha fatto leva Sor Claudio per risollevare una squadra che dopo il doppio crollo con Udinese e Cska sembrava affondata nel baratro senza speranza di risalita.
August Comte, padre del positivismo, diceva “L’amore come principio e l’ordine come base; il progresso è lo scopo”. Da queste parole è tratto il motto stampato sul verdeoro. Da queste parole trae spunto il futuro della stagione dell’Inter: l’amore dei tifosi che con riconoscenza e pazienza non hanno mai mollato i propri colori; il nuovo ordine voluto da chi è alla guida del timone e finalmente recepito dai giocatori. Il progresso è visibile, ma non ancora sufficiente. Basta essere positivi…
Giovanni Cassese
 
 