Dall’altare alla polvere in 19 mesi

Correva l’estate dell’anno 2009. L’Inter neo-campione d’Italia per la quarta volta consecutiva affrontava il mercato estivo alla ricerca dei giocatori giusti per poter finalmente interrompere il digiuno in Europa. Dall’altra parte del Naviglio la situazione era ben diversa: il Milan, nonostante il Mondiale per Club vinto nel dicembre del 2008, era una squadra al termine di un ciclo. Gli ultimi successi dei rossoneri (la Champions League nel 2007, la supercoppa europea ed il Mondiale per Club) non erano frutto di un lavoro di squadra, quanto più di un giocatore che, con la sua indiscussa classe, aveva trascinato una squadra mediocre al successo europeo e mondiale: Kakà.

Inoltre la società di via Turati non sembrava intenzionata a folli spese per rafforzare la squadra, anzi l’intenzione era quella di fare cassa. E lo fece. Nella notte tra l’8 e il 9 giugno viene ufficializzato il passaggio di Kakà al Real Madrid per 67,5 milioni di euro, 2,7 dei quali vanno dritti nelle casse del San Paolo per i diritti di formazione. La cessione provoca le ire dei cugini contro la società e neanche l’acquisto di Borriello riesce a placare gli animi. Ad Appiano, invece, iniziava la ricerca di una cura per i mal di pancia di Ibrahimovic. Cura che non si riesce a trovare (col senno di poi…) e così il buon Zlatan prende il volo per Barcellona, mentre a Milano sbarcano Samuel Eto’o e 50 milioni di euro, grazie ai quali si sarebbero acquistati Sneijder dal Real Madrid e si sarebbe pagato l’ingaggio di Lucio.

Forse neanche il tifoso nerazzurro più bauscia al mondo si sarebbe immaginato che cosa sarebbe capitato da lì a nove mesi: dominio cittadino indiscusso, conquistato dopo aver rifilato al Milan 6 gol in due derby, di cui uno chiuso in nove giocatori. Coppa Italia, Scudetto e finalmente Champions League in pochi giorni: l’apoteosi. In quel momento si aveva in mano il giocattolino perfetto, sarebbe bastato portare due o tre innesti per non far rimpiangere il condottiero Mourinho. Invece…

L’estate del 2010 segna l’inizio di una parabola discendente che ha portato l’Inter dall’altare alla polvere. Venduto Balotelli per 28 milioni inizia ad aleggiare sopra ad Appiano lo spettro del Fair Play Finanziario. Mentre in via Turati si chiudono a fine agosto le trattative che avrebbero riportato il Milan in vetta: l’acquisto di Ibrahimovic per 24 milioni e l’arrivo di Robinho e Boateng. Si arriva al mercato di gennaio 2011 e l’Inter ripara agli errori estivi con l’acquisto di Pazzini, di Ranocchia e il cambio di panchina in favore di Leonardo. Il Milan non è da meno e infatti ingaggia Cassano che, nel frattempo, si era svincolato dalla Sampdoria. L’Inter inizia una rimonta sfrenata che purtoppo non servirà per riconquistare il titolo. E’ il male minore. La rimonta instaura un pensiero nelle menti dei dirigenti nerazzurri: l’Inter, questa Inter, può essere ancora la squadra più forte d’Italia.

Eccoci allora all’estate 2011. Sempre a causa del Fair Play Finanziario, apparentemente snobbato dai più, si decide di vendere Eto’o e rimpiazzarlo con Forlan. In via Turati invece con la consapevolezza di essere tornati i migliori si fanno degli acquisti mirati per aggiustare alcune lacune: Nocerino e Aquilani a centrocampo, Mexes per dare fiato a Thiago Silva e Nesta, El Shaarawy in prospettiva. Il risultato delle opposte strategie di mercato è sotto gli occhi di tutti: il Milan è attualmente secondo in classifica, ma è da considerare il favorito per lo Scudetto e l’Inter che è in piena zona retrocessione.

Dopo l’ennesima sconfitta interna ci si è resi conto che magari un giorno la squadra sarà anche in linea con il Fair Play Finanziario, ma fino ad allora gli obiettivi ad inizio stagione andranno rivisti. Per il mercato “di riparazione” il trend recente non sembra destinato ad essere invertito. Il Milan ha in mano Tevez, l’Inter punta altrove…

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