Il guerriero Sinisa perde una battaglia ma non la guerra

E’ arrivata ieri la notizia del secondo esordio in carriera per Sinisa Mihajlovic. La rottura con la Fiorentina era nell’aria da qualche settimana, il feeling con i tifosi infatti non è mai stato dei migliori sin dalla passata stagione e proprio al termine della gara con il Chievo il tecnico si era confrontato con loro a viso aperto, come solo gli uomini con gli attributi possono fare. Alcune sue scelte, come quella del modulo (il 4-3-3) non hanno mai convinto del tutto e anche il rapporto con i giocatori si era irrimediabilmente incrinato (vedi Vargas e Cerci). Però non va negato al serbo il merito di aver fatto crescere in maniera incredibile lo stesso Alessio Cerci e aver ritrovato un talento incredibile come Stevan Jovetic, reduce da un grosso infortunio.

Ripercorriamo brevemente la sua carriera da allenatore. Inizia facendo il vice di Roberto Mancini all’Inter, suo grandissimo amico e compagno di squadra ai tempi della Lazio. Con il tecnico bolognese vince due scudetti e una supercoppa italiana, risultando fondamentale nella gestione dei rapporti con lo spogliatoio nerazzurro da cui proveniva. All’arrivo di Josè Mourinho è costretto a fare le valigie, ma non rimane fermo a lungo. Il 3 Novembre 2008 infatti l’allora presidentessa del Bologna, Francesca Menarini, letteralmente pazza di lui (sportivamente parlando), lo chiama come primo allenatore alla guida del Bologna. E’ la sua grande occasione. Non inizia male, ma come il suo maestro Mancini ha il difetto di pareggiare un pò troppo, tanto da essere soprannominato Mister x, ma riesce quantomeno nell’impresa non facile di dare grinta a una squadra come quella rossoblu che veniva da due vittorie in dieci partite. Nel girone di ritorno però le cose si complicano e il feeling con la dirigenza si interrompe. Dopo la sconfitta interna contro il Siena, la Menarini annuncia il suo esonero. Il serbo da gran signore se ne va ringraziando la città per l’opportunità che gli è stata offerta. Ma anche stavolta non rimane molto ai box. A dicembre viene chiamato a Catania al posto di Atzori, e qui arriva la sua consacrazione definitiva. Riesce infatti a salvare gli etnei portandoli al tredicesimo posto in classifica con 45 punti all’attivo. In estate fa le valigie destinazione Firenze.

Proprio nella città toscana non riesce però a fare il salto di qualità, necessario per diventare un big della panchina. La viola era la prima squadra che si trovava tra le mani che non doveva lottare con le unghie e con i denti per la salvezza. Dimostra un limite: non riesce a convincere sul piano del gioco. Come motivatore è probabilmente tra i migliori in circolazione, ma il progetto tecnico non decolla. Questa la ragione dietro l’esonero. Della Valle non è un mangia-allenatori, ha dato tempo al serbo, che però non ha saputo sfruttarlo. La colpa in questo caso è solo sua, in un anno e mezzo non è riuscito a incidere, a lasciare la sua impronta.

Siamo sicuri che si rifarà, magari a giugno, quando ci sarà da rifondare l’Inter.  Chi meglio di lui può ridare grinta a una squadra stanca e con la pancia piena come la Beneamata? Già l’anno scorso quando impazzava il toto-allenatore era uno dei nomi che erano stati fatti. Poi arrivò Gasperini e sappiamo tutti com’è finita. Fosse tornato lui con la sua immancabile sciarpa al collo, chissà…

 

 

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