Luis Suarez, per tutti Luisito, è stato uno dei grandi della storia nerazzurra, protagonista della Grande Inter di Helenio Herrera e Angelo Moratti negli anni ’60. Nato all’ombra della Torre di Ercole a La Coruna, Luis decide da subito che il calcio sarebbe stato il ‘suo’ sport.
Al Barca si toglie ogni tipo di soddisfazione, vincendo 2 campionati, 2 coppe del Re, due coppe delle Fiere ed un Pallone d’oro, unico nato in Spagna nella storia ad essere insignito di questo riconoscimento, interrompendo l’egemonia della ‘saeta rubia’ Di Stefano, leggenda del Real Madrid, che conia per Suarez il soprannome ‘l’architetto’.
Nel 1958 approda a Barcellona Helenio Herrera, che deciderà di portarsi l’amato Luisito nella sua esperienza in nerazzurro 3 anni più tardi, per l’allora cifra astronomica di 250 milioni di lire. Il galiziano diventa punto di riferimento della Beneamata, acuto e regista e fine incursore. Celebre la sua frase nel sottopassaggio prima di Inter- Real Madrid del 1964, finale di Coppa dei Campioni che vide i nerazzurri sollevare il primo trofeo internazionale. Notando l’eccessiva ammirazione dei propri compagni al cospetto delle leggende madridiste, disse: “Siamo qui per batterli, non per chiedere loro un autografo“. E così fu, profetico.
Nel 1970 passa alla Sampdoria, dove fa ancora vedere lampi di grande talento, tanto da guadagnarsi una convocazione in nazionale alla veneranda età di 37 anni. Questo era Luis, capace di trattare il pallone come pochi altri nella storia.
Fonte: Inter.it e Mondofutbol.com