EDITORIALE – Ricomicio da (quei) tre

Non è facile uscire indenni dal Camp Nou. In molti ci hanno provato, in pochi ci sono riusciti: l’Inter ieri ci è andata vicino. L’impresa a tratti è infatti stata un po’ meno utopica: al giro di boa non era vietato illudersi. Alla fine i singoli sono stati i principi della serata, coloro che alla fine l’hanno decisa e l’hanno risolta. Ma l’Inter in campo c’è stata, e c’è stata a lungo. Questo grazie a tre interpreti che sono stati decisamente all’altezza.

IL RISULTATO NON SORRIDE, MA L’INTER E’ BELLA DI NOTTE

Non è facile uscire indenni dal Camp Nou. E’ ancora meno facile farlo imponendo e, soprattutto, mettendo in pratica la propria idea del gioco. In uno degli stadi più temuti, contro la più temuta delle squadre, un’Inter bella di notte si presenta per tirare le somme di questi primi tre mesi di educazione contiana. I cui risultati ora si mostrano, anzi risplendono, davanti agli occhi di tutti. Il rammarico c’è, ed è giusto così. L’impresa a tratti è stata un po’ meno utopica: al giro di boa non era vietato illudersi. Grazie alla gara di ieri il cantiere di Conte riparte da una tappa decisamente più avanzata rispetto a solo una settimana fa, anche se con tre punti in meno. Per un’ora buona infatti i nerazzurri sono autori di una prova maiuscola. Una prova fatta di organizzazione, personalità e qualità. Ma quello che stupisce di più, del primo tempo della sfida in terra catalana, è la disarmante facilità nel riuscire a tradurre la teoria in pratica. Questo grazie a degli interpreti che sono stati decisamente all’altezza.

GRANDE INTER PER UN’ORA: TRE GLI MVP DI CONTE

I singoli sono stati i principi della serata, coloro che alla fine l’hanno decisa e l’hanno risolta. A questi livelli, per fare la differenza, servono anche le individualità, ma non solo. A un Barca che si è aggrappato all’acuto dei suoi due solisti, corrisponde un’Inter capace di inserire la voce delle sue (piccole) stelle nel coro collettivo, non snaturandole ma potenziandole. Tre in particolare i nerazzurri sugli scudi. Lo dicono numeri, lo hanno visto gli occhi. Sul palcoscenico della coppa dalle grande orecchie sono saliti in cattedra quelli che sono già quasi dei simboli della nuova Inter: Lautaro Martinez, Nicolò Barella e Stefano Sensi.

In una notte dove inesperienza e immaturità potevano far nascondere dei semi esordienti della competizione, i tre piccoletti hanno tirato fuori sciabola e fioretto. La prova dei due italiani, sempre più complementari, ha rigenerato ancora una volta il centrocampo dei meneghini. I primi a dar battaglia all’inizio, gli ultimi ad arrendersi, sono stati la forza trainante dell’intera macchina di Conte, azionando il pressing, giocando con precisione in uscita e recuperando palloni. Tutto lavoro atto a dar vita a cavalcate in campo aperto, sfruttate dall’intero reparto offensivo, ma soprattutto dal numero 10. Il Toro da Avellaneda scaccia ogni nascituro scetticismo con le qualità che solo a tratti si erano intraviste, e che si sono finalmente potute apprezzare integralmente. La convivenza in attacco con Alexis sembra giovargli assai, permettendogli di svariare su tutto il fronte. Molto bene nell’attaccare la profondità, infila Ter Stegen alla prima palla buona. Altrettanto bene nel proteggere palla e guadagnare falli. Il tutto muovendosi con la sua solita danza, infilando qualche doppio passo quà e la che non è comunque rimasto fine a se stesso.

L’istantanea della serata non può che essere questa. Al di là del risultato, dei numeri di Suarez e dell’arbitraggio. Non è stato il giorno dell’Inter, ma si è capito che potrà (tornare) a esserlo molto presto.

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