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21 punti in 17 partite. Questo, ad ora, il rendimento dell’Inter Mancini-bis. Un rendimento che fa storcere il naso a molti, a coloro che credevano che il problema della squadra fosse il tecnico precedente, che credevano che questa rosa, così composta, potesse realmente lottare per le prime posizioni in classifica, e che fanno iniziare i mormorii sul solito fallimento tipico delle minestre riscaldate.

In effetti, a Mancini non gli si chiedeva certo la luna, non gli si chiedeva di arrivare a pari punti con la Roma (cosa che comunque, con un rendimento migliore sarebbe stato possibile dato l’esponenziale calo dei giallorossi), ma di confermare l’Europa, sognando la Champions ma accontentandosi anche dell’Europa League. Ma, da quando ha preso le redini della squadra, non si è avuto nessuno miglioramento in classifica, si è sempre altalenato tra l’ottavo e tredicesimo posto.

Ebbene, a meno 9-10 punti dall’ultimo posto disponibile per tale traguardo (tra l’altro passando per i preliminari di fine luglio, cosa che come testato due anni fa con l’armata di Stramaccioni rende fisicamente proibitiva la stagione), credere ancora di poter qualificarsi ad una qualsiasi competizione continentale è un ragionamento per assurdo.

Ma la domanda che tutti, sostenitori e non del Mancini-bis, si fanno è se veramente questa rosa sia più debole di squadre come Milan, Torino, Sampdoria, Lazio e Genoa, tutte squadre che i nerazzurri si trovano ad inseguire. Certo, queste squadre non hanno avuto la necessità di cambiare la guida tecnica in corso, quindi in qualche modo si possono considerare avvantaggiate rispetto la stessa Inter ma, considerando un’altra squadra che ha dovuto cambiare in corsa, più che risposte si aprono nuovi dubbi.

Il Cesena di Domenico Di Carlo, salito in corsa in data 7 dicembre scorso, ha ottenuto 13 punti in 14 partite. È vero, 8 punti in meno rispetto all’Inter di Mancini, ma potenzialmente potrebbe raggiungere, se non addirittura superare, la media punti delle Beneamata, che ha giocato tre partite in più degli emiliani. Ora, con tutto il rispetto per la rosa del Cesena, non so quanti scambierebbero alla pari i giocatori nerazzurri con quelli bianconeri.

Allora, qual è la vera differenza? Cosa impedisce ai giocatori interisti di giocare a calcio e rendere al meglio? Tutto converge verso un’unica risposta, vedendo anche le prestazioni sul campo: l’organizzazione di gioco. Settimana scorsa lo stesso Cesena è venuto a San Siro e per poco non riusciva a tornare a casa con l’intera posta in palio, sebbene anche il pareggio per loro sia stato un risultato più che soddisfacente.

La squadra nerazzurra vive di sprazzi dei singoli, Shaqiri, Hernanes, Icardi e gli altri. Nell’impostare l’azione corale ci sono più di qualche difficoltà, come nel saper interpretare al meglio la fase di non possesso (solo tre le partite in cui l’Inter non ha subito gol). Medel, Guarin e Brozovic, ma anche lo stesso Ranocchia che a volte si prende le responsabilità di avviare l’azione, non sono dei veri playmaker e tutta la squadra ne risente. I tanti, troppi, tocchi fanno perdere tempi di gioco e, alla fine, gli avversari sono più che preparati, se la manovra è compassata e lenta.

Dunque, senza dubbio a questa rosa manca qualche elemento di spessore in più, sia tecnico che caratteriale, ma prima di tutto bisogna iniziare a lavorare sul gioco e sull’organizzazione tattica. Queste ultime partite di campionato, che non hanno più nulla da dire e che, tra l’una e l’altra regalano settimane senza altre partite, devono servire per iniziare il lavoro per la prossima stagione, per ripartire al massimo, senza inceppare più nell’ennesima stagione di transizione dal Triplete.

This post was last modified on 24 Marzo 2015 - 11:49

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redazione