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Passano solo due minuti di gioco e arriva il gol di Biava. Poi Palacio, Icardi e ancora Palacio. Non importa, non se ne accorge davvero nessuno. Non è per quello che tutti sono allo stadio. Neanche il passo d’addio di leggende come Samuel, Cambiasso e Milito distrae la platea.

E’ l’ultima notte di Javier Zanetti, è l’ultimo tango a San Siro. La partita comincia (o finisce, dipende dai punti di vista) al minuto cinquantatré quando Jonathan, dopo aver fatto da opener, lascia la fascia al capitano, accolto come una rockstar dal boato del pubblico, sulle note di “The final countdown”. E’ un vero e proprio conto alla rovescia a scandire i quaranta minuti che separano dal triplice fischio finale che nessuno vorrebbe udire. Che nessuno pensava di poter mai udire. Quaranta minuti per le ultime emozionanti sgroppate sulla fascia che è stata sua per ottocentocinquantasette partite, tra difesa e centrocampo, da protagonista e da gregario. Ha avuto l’umiltà, ancor prima che la forza, per farlo. E’ stato il più grande atleta della storia del calcio. Ed è paradossale che proprio quel fisico, che per anni è stato una macchina perfetta, l’abbia costretto a dire basta.

Javier Zanetti è un’icona. Del calcio, ancor prima che dell’Inter. Pupi è un esempio, una speranza, un’ispirazione per tutti quelli che per una vita vengono etichettati come dei perdenti. E’ diventato uno dei capitani più vincenti di sempre, al fianco di Josè Mourinho ha sollevato tutti i trofei del mitologico triplete, cui è giunto solo dopo aver resistito alle ere di Lippi e Tardelli o all’annata dei quattro allenatori.

La Lazio è in qualche modo nel suo destino, avversaria in due momenti che per anni sono stati, rispettivamente, il migliore e il peggiore della storia di Zanetti con la maglia dell’Inter: la finale della vecchia Coppa Uefa a Parigi in cui Zanetti contribuì con un rarissimo gol alla conquista del suo primo (e per lungo tempo unico) trofeo in nerazzurro e il tragico cinque maggio. Fu la Lazio l’unica squadra capace di battere l’Inter in una “finale” nell’apertura della stagione che terminerà col Triplete. Ed è la Lazio a fare da sparring partner nel giorno in cui si chiude un ciclo che sembrava infinito.

E’ stato il simbolo dell’Inter di Moratti in campo. Sarà il volto dell’Inter di Thohir. Ci sarà sempre un solo capitano. Arrivederci Pupi.

Giovanni Cassese

(Twitter: @vannicassese)

This post was last modified on 13 Maggio 2014 - 14:37

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redazione