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In ambito calcistico spesso ci si appella alla buona o alla cattiva sorte per giustificare un risultato negativo oppure l’andamento inaspettato e imprevedibile di una partita. La dea bendata, così, assumerebbe le sembianze di giudice inappellabile del risultato, muovendo dall’alto gli invisibili fili del campionato ed emettendo la più autorevole sentenza sul suo esito finale.

D’altra parte sarebbe controproducente e costituirebbe una vile forma di resa affidarsi al destino, mostrando cieca indifferenza verso tutto ciò che al caso non può essere ricondotto, ma che è indissolubilmente legato, invece, a evidenti errori di giudizio. La fortuna aiuta gli audaci e corre dietro a chi ha il coraggio di osare.

Non è, ad esempio, una banale coincidenza la malsana consuetudine di subire rimonte improbabili, nuova preoccupante costante delle recenti prestazioni dell’Inter di Walter Mazzarri. Raggiunto faticosamente l’agognato vantaggio, la compagine nerazzurra sta palesando una scarsa maturità sotto il profilo della gestione e della circolazione del pallone proprio nel delicato momento in cui occorrerebbe incanalare il match su ritmi più blandi, dimostrando di essere in pieno controllo della situazione.

Contro la Juventus un vistoso calo di concentrazione ha permesso a Vidal di pareggiare i conti, due minuti dopo il sigillo di Icardi. Il muro difensivo, innalzato fino al gol dell’argentino, si è sgretolato a pochi pochi passi dal traguardo, sugli sviluppi di una manovra che non avrebbe dovuto trovare sbocchi, visto che il cileno in quell’occasione era circondato da una folta schiera di maglie nerazzurre.

Una prestazione gagliarda non è bastata, contro il Cagliari, ad agguantare l’intera posta in palio: il tiro di Nainggolan, sporcato da Rolando, potrebbe rappresentare il pretesto ideale per parlare di sfortuna, anche se nella suddetta azione si denota la mancanza di un leader difensivo (leggi Campagnaro) che faccia uscire i compagni rintanati nell’area di rigore e comandi un pressing deciso sul portatore di palla, al fine di non concedergli tempo e spazio per la conclusione.

Il rocambolesco 3-3 di Torino è la diretta conseguenza della scarsa attenzione prestata dalla squadra nerazzurra nei primi cinque minuti di gioco. Prendendo le distanze per un attimo dalle giuste polemiche riguardanti l’espulsione di Handanovic, non può e non deve passare inosservata l’inadeguatezza dell’approccio alla gara. Il nostro discorso si sviluppa sui medesimi binari se si prende in esame la trasferta di Bergamo: la maiuscola prestazione di Alvarez non è bastata ed è stata vanificata dalle solite distrazioni difensive, tra cui quella decisiva del rientrante Samuel.

Dalla fase difensiva a quella offensiva: Inter e Roma, con ventiquattro centri, sono il miglior attacco della Serie A. Non ingannino, però, i suddetti numeri. Escludendo, infatti, le partite contro Catania, Sassuolo e Verona, è riscontrabile una certa difficoltà nella finalizzazione dell’azione, tenendo in considerazione il rapporto tra gol realizzati e occasioni da gol create. I nerazzurri hanno spesso cambiato volto dopo l’inserimento (nei secondi quarantacinque minuti) di una prima punta grazie alla quale rendere meno prevedibili gli attacchi alla porta avversaria e, al tempo stesso, valorizzare maggiormente gli sforzi dell’instancabile Palacio. L’ingresso in campo di Icardi è stato decisivo nelle gare casalinghe contro Genoa e Juventus e nella trasferta di Trieste, mentre Belfodil si è rivelato uno dei maggiori protagonisti nella sfida dell’Olimpico di Torino.

“Audaces fortuna iuvat”: un detto antico, ma mai così attuale per questa Inter, perchè appellarsi soltanto ad una maggiore benevolenza della dea bendata potrebbe significare sminuire i chiari segnali che essa ci sta disperatamente lanciando.

 

This post was last modified on 2 Novembre 2013 - 16:56

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redazione