Ma quale fair play finanziario? Il mercato dell’Inter dipende dalla Saras

Una ragnatela di interessi, barili di petrolio e tanti, forse troppi, soldi. Un caccia della coalizione Nato si alza in volo dalla base militare bresciana di Ghedi, sorvola il Mediterraneo e inizia a scaricare bombe sui pozzi strategici del regime libico; i lealisti di Gheddafi rispondono facendo saltare il porto Masra El Brega, scalo a due chilometri dalle trivellazioni di greggio e snodo fondamentale di oro nero.

A duemila chilometri da Brega, nel quartier generale milanese di Saras S.p.A di Galleria de Cristoforis, il patron nerazzurro Massimo Moratti decide di tagliare i fondi al suo giocattolo più amato: l’Inter. Come siano strettamente collegati le vicissitudini del Nordafrica con il ridimensionamento in fase di mercato del club interista, lo spiega direttamente il colosso della famiglia Moratti con una lettera agli azionisti (datata 29 aprile 2011) allegata alla pubblicazione del bilancio consolidato 2010 del gruppo: “I recenti tragici avvenimenti in Libia hanno temporaneamente alterato questo scenario di fondo (riguardante la ripresa del mercato dopo la crisi globale del 2009, ndr). La brusca salita delle quotazioni del grezzo, non completamente seguita dal corso dei prodotti raffinati, ha nell’immediato compresso i margini a livello globale”.

Il documento prosegue, poco più sotto: “Al momento della stesura di questa lettera, l’acutizzarsi della crisi libica rende impraticabile l’approvvigionamento di certi grezzi con peculiari caratteristiche, che la raffineria di Sarroch (in Sardegna, ndr) ha tradizionalmente utilizzato”. E infine: “Allargando poi l’orizzonte di osservazione al proseguo dell’anno, è vivo l’auspicio che la situazione geopolitica in Nord Africa e Medio Oriente possa trovare una soluzione in tempi brevi, riportando condizioni di stabilità e consentendo la ripresa delle tendenze positive iniziate nella seconda metà dello scorso anno. In tal modo, le migliorate condizioni di mercato, unitamente al forte impegno di tutto il personale del Gruppo, consentiranno di generare nuovamente risultati positivi.

Non ci sono margini di interpretazione. I rapporti tra la Saras e il mercato libico risalgono all’epoca dell’Eni di Mattei e si sono protratti, senza sostanziali interruzioni, sino allo scorso anno. Che il Biscione dipenda in modo diretto dall’andamento della Saras lo dimostra anche il recente passato: nel 2006, alla vigilia della grandeur nerazzurra, con ingaggi stratosferici annessi (vedi Ibra, Maicon, etc), il gruppo poteva vantare un capitale investito di 3,22 milardi di euro, un fatturato consolidato di 6 miliardi di euro e, soprattutto, un utile netto di 395,4 milioni di euro. Insomma, la proprietà morattiana se la passava bene.

Una cosa quindi resta certa: la Saras tornerà ad aprire i rubinetti – al di là dell’applicazione della chimera fair play finanziario, alla quale non crede neppure Platini – solo in seguito alla stabilizzazione politica dello stato libico, con qualche incognita sull’entità del peso internazionale italiano nel nuovo contesto energetico del Nordafrica. La ricostruzione può passare solo da questa strada. Nel frattempo, il popolo nerazzurro dovrà abituarsi alla presenza in campo dei vari Jonathan, Alvarez, Nagatomo e Palombo. Le colonne nere dei pozzi, in fiamme sotto i colpi dei caccia Nato, sono per ora svanite. Proprio come i sogni di trionfo del club di corso Vittorio Emanuele.

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