Obiettivi da rivedere o ottimismo incondizionato?

E’ inutile nascondersi dietro un dito: questi primi mesi di stagione dell’Inter sono stati, per usare un eufemismo, alquanto altalenanti, caratterizzati soprattutto da pesanti sconfitte come quella di agosto in Supercoppa Italiana contro il Milan a Pechino, quelle in campionato contro Novara, Napoli e Juventus soprattutto, senza poi dimenticare la debacle interna contro il Trabzonspor di inizio settembre in Champions League. Con il cambio in panchina che ha visto un masochista Gasperini lasciare il posto all’aggiustatore Ranieri, la situzione è leggermente migliorata, con gli ottavi di Champions intascati con un turno d’anticipo grazie ai 10 punti conquistati in quattro partite, e una classifica in campionato che, con la partita di Genova contro i grifoni da recuperare, recita un’Inter in ripresa, con le ultime due vittorie consecutive su Cagliari e Siena, e la vetta della classifica lontana però ancora 11 punti.

La cessione di Eto’o dello scorso agosto ha lasciato un vuoto non indifferente là davanti. Lo si è notato soprattutto in partite come quella di Siena, dove l’Inter ha mantenuto il possesso palla per circa il 70% della gara senza mai esser pericolosa, con il solo Castaignos in grado di concludere verso la porta dei toscani, fortunatamente in maniera letale. L’arrivo di Forlan, non pervenuto in questo inizio di stagione, e di giovani di qualità come Alvarez, non sono ancora riusciti a far dimenticare la dolorosa partenza del camerunese. Ma il problema è proprio questo, potranno mai oscurare il ricordo ti un tale campione? A questo punto della stagione, l’anno scorso Samuel Eto’o aveva già messo a segno 15 gol tra tutte le competizioni. Quest’anno, tutti gli attaccanti messi insieme della rosa nerazzurra, non sono nemmeno arrivati a 10. Qualcosa che non torna, effettivamente, ci deve essere. Pazzini là davanti non è uno che ti può risolvere le partite da solo, ha bisogno di un gioco di squadra che gli offra occasioni a ripetizione da poter trasformare in gol. Milito è ormai il lontano parente di quello del Triplete, Forlan è fuori da due mesi, Zarate è troppo discontinuo per un palcoscenico come quello nerazzurro, Castaignos e Alvarez devono crescere. Ma con tutte queste incognite, è davvero possibile aspirare a vincere qualche titolo?

Vedere dall’altra parte del Naviglio il Milan giocare con Ibrahimovic e, a turno, Cassano, Pato e Robinho, fa un certo effetto. Senza dimenticare, che a breve, probabilmente, un obiettivo inseguito a lungo da Branca come Carlos Tevez, finirà per rafforzare ulteriormente questa colonia di fuoriclasse. Non sarebbe il caso di non farsi scappare l’Apache, che a ventisette anni è ancora nel pieno della sua maturità calcistica e potrebbe davvero rappresentare il perno da cui ripartire? D’altronde, la storia ci insegna che i trofei si vincono con i campioni, non con le difese a 3, i giocatori scarichi psicologicamente, logori e in netto declino. Gennaio è alle porte, speriamo che Babbo Natale passi anche dalle parti di Appiano Gentile.

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