Klinsmann: “Non mi vedo allenatore dell’Inter in futuro”

Inter Klinsmann ha parlato dei suoi anni all’Inter in un’intervista a Panorama.it. Tanti bei ricordi, anche di Trapattoni e altri, ma non si vede come allenatore nerazzurro in futuro.

Klinsmann “Non credo allenerò l’Inter”

L’ex bomber tedesco ha grandi ricordi dei suoi anni a Milano e tante belle parole, ma non vede per il momento un futuro come tecnico nerazzurro: “L’Inter è la mia seconda famiglia. Il primo e più importante passo fatto nella mia vita, ma non mi vedo, per ora, sulla panchina dell’Inter. Mia figlia di 15 anni frequenta la high school negli States e non posso ora trasferirmi. Cerco di conciliare il lavoro e la famiglia, da vent’anni vivo negli Stati Uniti. Quando ero allenatore del Bayern Monaco feci 42 viaggi tra Germania e California“. 

Trapattoni, Orrico e gli anni al Bayern

Jurgen ricorda bene gli anni all’Inter, e le perone che più hanno condizionato il suo splendido percorso in nerazzurro. Ma racconta anche i problemi con Rumenigge al Bayern. “Il rapporto con Kalle è ancora buono oggi, ma avevamo due filosofie diverse di lavoro ed è stato giusto separarci. All’Inter fu molto importante il lavoro di Giovanni Trapattoni, un maestro della tattica. Ti correva accanto per tutto l’allenamento, guidandoti nei movimenti. Un approccio non facile per un tedesco, che è abituato all’azione, alla pratica più che alla teoria. Al mio primo anno forse ci fu un po’ di appagamento, dopo la stagione del primato dell’anno prima. Quando sei tra le prime squadre della Serie A o della Bundesliga o della Premier League, la differenza non la fai con i campioni, quelli li hanno tutti, ma con la giusta mentalità, con la determinazione, con la capacità di gestire lo stress. Con l’allenamento mentale”.

Queste le parole su Orrico, incrociato nell’ultimo anno a Milano. “Aveva delle buone idee, forse era in anticipo sugli anni, avrebbe meritato maggior fortuna, purtroppo ha pagato i mancati risultati. La sua gabbia era un metodo per allenare la tecnica, ma anche la velocità, l’aggressività, a saper ragionare sotto pressione con pochi tocchi in rapidità. Una metodologia che, rivisitata in alcune parti ho riproposta anche nella Nazionale Usa”.

L’aneddoto su Pellegrini e Malgioglio

Quando ho lasciato la Germania, a 25 anni, per venire a Milano ho iniziato a conoscere il mondo. Sono stato accolto da un ambiente eccezionale, innanzitutto dal presidente Pellegrini, sempre attento al rapporto umano. Mi ha insegnato ad avere cura delle persone a cui si vuole bene. E poi Tito, una persona unica, intelligente e sensibile. Incredibile quello che fa con la sua associazione a favore dei ragazzi disabili. Ha rappresentato un punto di riferimento, un esempio su quali priorità dare ad una vita che non si racchiude tutta solo dentro ad un pallone”.

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