Ecco perché il 9 marzo 1908 non è nata solo una squadra: è nata una religione

109 anni fa, al ristorante l’Orologio, nasceva qualcosa di unico. Nasceva un’infinita fonte di tribolazioni, gioie, dolori e amore. Nasceva una storia d’amore, unica per chiunque l’abbia vissuta, differente da tutte le altre. Nasceva una chimera, al tempo stesso incubo e sogno prediletto, cura e malattia. Quella notte magica, nasceva l’Inter.

UNA SCELTA FOLLE, FINO ALLA FINE

Essere interista è più che un semplice rapporto di tifoseria. Un’interista non può essere “occasionale”, non può dire “chissenefrega”. Non ce la fa, è più forte di lui, li sente sotto pelle quei due bellissimi colori. Li possiede tatuati nell’anima, marchiati a fuoco nel cuore. Tifare per i colori del cielo e della notte è al tempo stesso benedizione e maledizione, una fonte di stress e nirvana senza paragone. Il dualismo fra paradiso e inferno, fulcro di tutta la storia di questa squadra. Una musa capace di portarti in estasi o nello sconforto più totale nel giro di un niente. In grado di rimontare 3 goal in 6 minuti o di farsene rimontare 4 in 10. Senza mezze misure, senza sfumature di grigio. O tutto o niente. Quando scegli l’Inter stipuli un patto di sangue per la vita, cominci un’amore che non avrà mai fine, nella buona e nella cattiva sorte. Diventa una parte di te.

UNA SCUOLA DI VITA, L’INTERISTA DEVE ESSERE EROICO

La domanda che sorge spontanea è perché? Perché abbiamo deciso di complicarci così la vita, di accorciarci inevitabilmente l’esistenza, di accumulare stress e coronarie allo stremo? Perché insistere con quella che spesso e volentieri si trasforma in una via crucis di cui non si vede l’ultima stazione? Non sarebbe più facile tifare qualcosa di meno folle, di più tranquillo e meno ossessionante? Beh, certo. Ma che gusto ci sarebbe? Si tratta della mera differenza fra ciò che è giusto e ciò che facile. Fra il cammino tortuoso e la scorciatoia sicura. Essere interista è come seguire la via del guerriero. Esci forgiato, temprato come una Katana giapponese. Ti lascia una scuola per la vita. Nessuno ti regala niente e il baratro è sempre in agguato. Ti fa diventare un eroe, un paladino della vita di tutti i giorni.

L’interismo ti insegna una cosa molto importante: la differenza fra scendere nell’arena e andare incontro alla morte a testa alta, o venire trascinato urlante e di peso all’interno. Una scuola di ordinaria follia. E poi, siamo seri: quanto gusto, quanto godimento porta una vittoria “pazza”, sfrontata, impensabile, come quelle che porta l’Inter quando è in vena? Quanto è soddisfacente essere sempre gli unici, i soli a raggiungere determinati traguardi? Quanto riempie di orgoglio poter dire con dignità e onore, di essere interisti, senza macchia e senza paura? Interisti do it better? Non solo. Interisti are better. Really.

C’È SOLO L’INTER!

Quella notte al ristorante dell’orologio non è stata fondata una squadra di calcio. È nato qualcosa di più. Una religione, un mondo, un’ideale. Uno stile di vita. È nato l’interismo. Non è semplice e mai lo sarà tifare questi colori, seguire questo sentiero. Non è un paese per deboli di cuore, per i pavidi e coloro che non apprezzano la fatica. Non sempre è un castello delle fiabe, spesso è un manicomio che ti risucchia all’interno. Non è una religione che venera sempre una divinità benevola e generosa di doni, anzi: spesso e volentieri è una dea umorale, lunatica e dispettosa. Ma la nostra Inter ama i propri figli e quando decide che è ora di ripagarli dell’adorazione lo fa in modo spettacolare, senza precedenti. Chiudete gli occhi e abbandonatevi al più caldo ricordo che vi lascia la vostra vita in nerazzurro. Lasciate che vi inebri, che diventi un tutt’uno con voi. Ecco, laggiù in fondo, mentre il ricordo sfuma, lo vedete? Un piccolo cuore pulsante, un angolino colorato. Di nero e azzurro. Il vostro vero io. Il vostro vero Dio. Perché, per noi, c’è solo l’Inter.

 

 

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