Adriano l’Imperatore: un bastimento carico di sogni infranti

Adriano l’Imperatore di S.Siro. Una storia effimera, breve ma intensa. Quante speranze infrante sul muro della vita. Quante possibilità buttate via per fragilità. Ma come tutte le storie così rapide e fulminanti ha lasciato qualcosa di unico dietro di sé, qualcosa da ricordare.

L’ANGOLO DEI SOGNI INFRANTI

I Green Day cantavano il viale dei sogni infranti. L’interista medio si sa, anche senza volerlo è anti convenzionale, va contro tutto e tutti, per questo non ha un viale dei sogni infranti. Nel cuore di ogni tifoso nerazzurro c’è una vera e propria cittadella nascosta, occulta e fortificata. Celata sotto anni di sofferenza, tra le crepe causate dalle gioie improvvise e le arterie al collasso per le partite al cardiopalma. Li, nel più profondo angolo dell’animo, c’è questo piccolo grande posto speciale. Un luogo senza tempo e spazio, dove si coltivano i sogni infranti e le speranze disattese. Qui vivono e prosperano i vari Recoba, Baggio, Ince, Roberto Carlos. Giocatori straordinari ma che non sono riusciti a dare quanto avrebbero effettivamente potuto. Su tutti questi se e ma tuttavia, uno spicca su tutti. A regnare su questa magione del rimpianto c’è lui: Adriano Leite Ribeiro, l’unico e solo Imperatore.

SEMPRE E COMUNQUE UNICO NEL SUO GENERE

Adriano è sempre stato qualcosa di unico nel suo genere, lo ha nel DNA. Prima di lui non si era mai visto, nemmeno mai immaginato nulla di simile. Movenze e dribbling da funambolo su quel corpo da Marcantonio. Un sinistro magico, capace di tocchi fatati, di carezze dolcissime così come di bordate allucinanti. Quel piedone alla Bud Spencer era capace di suonare una sinfonia o di scatenare un uragano. Senza mezze misure, senza compromessi. Ecco com’era l’imperatore. Il prototipo del giocatore perfetto. Tuttavia, purtroppo, come tutti i prototipi, aveva qualche difetto. Perché se è vero che l’impianto era da oscar, il software di gestione era discretamente bizzoso. Un colosso con la testa di un bambinone cresciuto troppo in fretta. Perdere il padre ed in un amen diventarlo tu stesso non deve essere mai facile, figuriamoci per quel ragazzone di 18 anni che stava cominciando a prendersi le sue rivincite. Cancellare ogni colpa non avrebbe senso, ma le attenuanti si danno anche per gli omicidi, perciò se le merita anche il povero Imperador.

LA SLIDING DOORS SBAGLIATA

Tutti se pensano ad Adriano pensano a quella sgroppata da sogno contro l’Udinese o alla magica punizione al Bernabeu. Tuttavia il vero spartiacque della sua carriera fu un altro. Nella stagione 2008/2009 l’Inter di Josè Mourinho cercava una svolta europea che sarebbe arrivata solamente la stagione successiva. All’Old Trafford, sotto di un goal con i Red Devils, i nerazzurri cercano disperatamente un goal per la qualificazione. In campo, oltre a Ibrahimovic, c’è quel colosso brasiliano che, nonostante le bizze e la discontinuità, è impossibile non amare. Adriano arriva a quella partita con alle spalle un ottimo momento. Non è più leggiadro come agli esordi certo, ma sembra tornato su grandi livelli, con anche il goal decisivo nel derby all’attivo. Tutti si aspettano molto da quel duo delle meraviglie li davanti.

E la palla buona arriva, a metà secondo tempo. Scavetto di Ibra per l’imperatore. La palla non è delle più semplici, è quasi impossibile coordinarsi con precisione. Adriano ci prova lo stesso, l’Inter ha bisogno di lui. Si coordina con un gesto tecnico meraviglioso e… palo. Palo. Milioni di attese, speranze e urla strozzate in gola. L’Inter deve rimandare ancora l’appuntamento con la Champions. L’imperatore invece rimanda definitivamente l’appuntamento con la propria carriera. Chissà come sarebbe potuta andare se quella palla maledetta fosse entrata.

UNA FAVOLA SENZA LIETO FINE…FORSE

Quella fu la fine della favola del conquistatore arrivato dal Brasile. La sua carriera cominciò la parabola discendente che lo portò lontano dai colori nerazzurri. Adriano è, e probabilmente resterà sempre, il più grande rimpianto della storia non solo dell’Inter, ma anche del calcio mondiale. Sarebbe potuto essere qualcosa di leggendario e impareggiabile, ma di leggendario è rimasto solo il rimpianto di ciò che sarebbe potuto essere. Un “what if” colossale, dovuto solamente alla fragilità mentale di un ragazzo messo di colpo in una situazione troppo pesante per lui. Ora è l’imperatore di quel castello nel cuore di ogni tifoso dell’Inter, amato nonostante tutto. Niente lieto fine quindi? Forse. Forse era solo il mondo in cui era finito a essere sbagliato per lui. La ribalta improvvisa, le attese spasmodiche, l’ansia ogni momento erano come una prigione. Non era una vita che faceva al caso suo. Ora, senza pensieri e problemi, sembra finalmente sereno, libero dalle catene che lo avevano rovinato in Europa. Buona fortuna allora imperatore. Anche senza vincere nessuna guerra hai conquistato il cuore di milioni di persone. Campione della gente, questo si che è un titolo da portare con onore.

 

 

Impostazioni privacy