Sacrificio, intensità e carattere: la ricetta giusta per andare avanti

Alzi la mano chi, dopo una serie di partite come quelle con Cagliari e Atalanta avrebbe sperato di vedere una partenza come quella di stasera. Provando ad isolare questi 90′ dall’ultimo mese nerazzurro, si otterrebbe una prova così riassumibile: massimo sforzo, minimo risultato. Quasi insperato.

Quello che sorprende dal punto di vista caratteriale, invece, è che isolare questa partita, dopo quanto accaduto nelle scorse settimane, è pressoché impossibile. Ragion per cui, molti interisti avranno visto i primi minuti di stasera a bocca aperta e contemporaneamente in lacrime. Per una volta, di gioia. La partenza nerazzurra, fatta tutta di aggressività, pressing alto, circolazione di palla veloce e facilità ad arrivare alla conclusione, è un guanto di sfida al più ottimista dei tifosi. L’Inter gioca a calcio, arriva sempre al tiro (quattro occasioni da rete solo prima della mezz’ora) e rischia poco dietro. Chi se lo sarebbe mai aspettato, vedendo quanto accaduto con i sardi e all’Atleti Azzurri d’Italia? timthumb

Stasera, però, l’Inter deve far tesoro di un’altra cosa: è con la grinta che si vincono le partite. Soprattutto queste. Perché, come e più di Belotti e compagni, stasera a cercare di fermare la strada nerazzurra verso la vittoria (e quella di de Boer verso la riconferma) è stata la sfortuna: il gol dell’attaccante del Toro arriva dopo uno scivolone clamoroso della (non) premiata ditta Ansaldi-Murillo. Prima e dopo il pareggio, però, era arrivata una serie di sfortunati eventi: il tiro a giro di Brozovic fuori, il colpo di testa del serbo sulla linea di porta ribattuto da Moretti quando il centrale granata era passato di lì per caso, forse già per raccogliere dalla rete il gol del 2-1. Ma l’Inter è riuscita a fare una cosa raramente vista nel corso di questo campionato: invece di indietreggiare, di ballare malamente dietro e non concludere nulla davanti, ha ricominciato a giocare a calcio, quasi come se non fosse successo niente, quasi come se non fosse la partita decisiva per la squadra nerazzurra. Il crescere dei minuti, stavolta, non ha atterrito l’umore e la costanza nerazzurra. Che, di fronte ad una quantità di errori talmente clamorosi da oltrepassare il tragi-comico, riesce comunque, a testa bassa e con il colpo del campione a vincere una partita che, al minuto 88, sembrava già sfumata.

Tante occasioni create, contro un Toro, ad onor del vero, venuto a San Siro a giocare la sua partita e desideroso di uscire imbattuta per il terzo anno di fila. Ma, a differenza di 72 ore prima, è stata messa in campo una voglia di vincere, di sacrificarsi e di impegnarsi per la squadra (e, si spera, anche per de Boer) che potrebbe far ben sperare per le prossime partite e per il suo allenatore, che ora attende novità da parte della società. Una vittoria all’ultimo, paradossalmente, potrebbe non bastare: già una volta è successo di vedere, dalle parti di Appiano Gentile, un allenatore salutare dopo una vittoria. Era Gigi Simoni, presente, tra l’altro, sulle tribune stasera.

Ma una cosa è certa: l’Inter è ancora molto, molto malata. Ma potrebbe essersi svegliata, pronta a cominciare la riabilitazione e porre fine a questa convalescenza. Con la forza di volontà giusta, che è quello che, a volte, è determinante per il risultato. 

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