EDITORIALE – Volere è potere. Inter, ma tu lo vuoi davvero?

C’è un vecchio detto che dice: “Se vuoi, puoi“, ed è parente stretto del “Nulla è impossibile“. A volte, infatti, la volontà di perseguire il risultato è, se non decisiva, quantomeno fondamentale. Questo vale nella vita e, in questo caso, nel calcio. Molte grandi squadre hanno vinto perché la forza di volontà e la grinta hanno sopperito ai difetti tecnico-tattici. Il rischio più grande è che a questa Inter manchi proprio questo: la grinta.

Già, perché anche oggi, a Bergamo, è mancata la cattiveria necessaria per portare a casa una vittoria fondamentale per continuare a credere in un obiettivo che, a questo punto, dopo sole 9 giornate, sembra già una chimera. Ancora una volta, l’Inter è scesa in campo deconcentrata, impaurita forse dalle troppe critiche finora ricevute, ma sicuramente con un atteggiamento assolutamente ingiustificabile ed imperdonabile. Ancora una volta, l’Inter è andata sotto dopo pochi minuti, come già accaduto con Roma e Sparta Praga. 10 minuti, 1-0. Quello che sconvolge ancora di più i tifosi, però, è la mancanza di grinta che ha caratterizzato l’Inter per tutta la prima frazione di gioco. Ancora una volta, è stato regalato un tempo all’avversario, perché i primi 45 minuti hanno visto i nerazzurri subire dal primo all’ultimo minuto l’intraprendenza e l’iniziativa dell’Atalanta, con Kessié e Gomez sugli scudi. Incapaci di reagire e di proporsi in maniera pericolosa anche solo nella metà campo avversaria, il primo tempo può essere tranquillamente accantonato, in quanto una delle due compagini nerazzurre non è proprio scesa in campo. Ancora una volta, se è rimasta in partita lo deve ai guantoni di Handanovic, uno dei pochissimi a salvarsidownload-1

Ma il bello di questa Inter, tanto scoordinata quanto incoerente, è che commette perfino il peccato originale di illudere i suoi tifosi. La reazione del primo quarto d’ora della ripresa fa pensare ad un’inversione di tendenza. 6 minuti e l’Inter pareggia, dopo un minuto va ancora vicina al gol. Certo, 10-15 minuti di fuoco. E poi? Il nulla. 25 minuti di stallo prima dell’occasione per Perisic. Poi, come sempre, arriva il nuovo crollo: il più stupido dei falli da parte di Santon, rigore e 2-1. Dopo il penalty di Pinilla, l’Inter riesce a mettere in discussione perfino la terza legge di Newton: all’azione del cileno, non corrisponde neanche una minima reazione, figuriamoci organizzarne una uguale e contraria. E allora?

Il problema, forse, sta proprio nella testa, nella mentalità, nell’incapacità di andare aldilà dei singoli episodi e mostrare la stessa grinta nell’arco di tutti i 90 minuti. Non a caso, l’Inter è scesa in campo demotivata, avvilita ancora una volta dall’immediato svantaggio, che a quanto pare non riesce a far crescere nei giocatori la voglia di recuperare il risultato. Una volta trovato il gol, l’Inter riesce anche a galvanizzarsi, ma ciò la porta ad avere una reazione più istintiva che organizzata, che si esaurisce nel giro di pochi minuti. Allora è proprio l’atteggiamento il principale problema dell’Inter di de Boer: scendere in campo con la stessa mentalità, che si tratti di Juventus, Atalanta o Cagliari, per i nerazzurri, è proprio impossibile. Eppure, a volte, basta volere per potere: il secondo posto del Milan, rivitalizzato prima nella voglia di vincere che nella tattica dal suo condottiero Montella, ne è un esempio.

L’Inter ha un problema nella testa, funziona a metà. Anzi, non funziona proprio. Con buona pace di chi vorrebbe vederla andare a comandare.

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