EDITORIALE – Profondo rosso

Il capitolo nerazzurro alla stagione 2016/17 si arricchisce di un altro capitolo horror. La sconfitta nell’esordio con l’Hapoel Be’er Sheva denota tanti piccoli principi di allarme, il primo fra tutti è che le seconde linee dell’Inter non possono giocare in Europa. Drastici? Si, zero alibi e zero scuse.

Punto primo, Felipe Melo non è un regista, non può essere il cervello che imposta l’azione e per quanto abbia volontà e istinto da killer non è quello che serve in coppa. Punto secondo, Ranocchia. Cosa sia successo all’ex capitano nerazzurro è un mistero, ma oggi, bambola fra le bambole, appare macchinoso, lento e indisciplinato, al pari di Murillo e di un Nagatomo che il vizio di commettere certi falli stupidi lo relega a seconda linea, o anche peggio.

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Punto terzo, se manca Icardi non segna nessuno, non esiste uno spauracchio bis e realmente non si capisce come l’Inter può arrivare sotto porta se Eder ha un’allergia al nerazzurro e Palacio ha ormai vissuto gli anni migliori. Punto quarto, Frank de Boer. Per lui l’alibi del neo arrivato non può esistere. Va bene tutto, paese nuovo, squadra nuova e campionato mai visto, ma se in 4 partite non si è vista mai la mano del tecnico non si può rischiare di arrivare ad un Tardelli-bis e i tifosi vecchio stampo sanno a cosa si va incontro.

Nessun sviluppo della manovra, nessuna ripartenza nelle azioni, fallimento seconde linee, mancanza di giocatori di classe, atteggiamento rassegnato da subito e anche i tifosi occasionali iniziano a rimpiangere gli sbalzi d’umore di Mancini, che tutti i difetti poteva avere ma mai una carenza della rabbia in questi casi. Non può e non deve esistere il discorso Inter punto 0, poiché di Inter si parla e non (con tutto rispetto) di Frosinone e Verona che devono ripartire dalla B dopo gli errori della A, con l’attesa, quasi terrificante, della sfida di domenica 18 alle 18, arriva la Juventus, saranno 5 le gare di de Boer in panchina, tante, troppe o solo l’inizio della risalita.

Bel dilemma.

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