EDITORIALE – Why always me? Il mistero di SuperMario

Mancini è seduto al tavolo. Ha in mano una carta. E decide di giocarla, come provocazione. Puntata alta, in mano quella carta che potrebbe significare vittoria su tutta la linea o la rovina, la disfatta, il baratro. Mancini ha appena fatto all-in con in mano Mario Balotelli.

Sarebbe facile parlare di Mario Balotelli. Lo si potrebbe vedere mentre allarga le braccia, dilata le narici, fa quella faccia tenera e insolente al tempo stesso e dice “Why always me?”, perché sempre me. Già, perché sempre te, Mario? La sua storia è quella della stragrande maggioranza dei calciatori pieni di talento ma che non hanno quell’attitudine al sacrificio, quella forza di volontà necessaria per farlo fruttare.

Balotelli era un fenomeno. A 16 anni ha esordito con la maglia nerazzurra. Gli addetti ai lavori lo consideravano come uno dei profili calcistici più talentuosi della sua generazione (1990) e come uno dei primi venti under-23 al mondo. Un curriculum niente male per uno che non aveva ancora raggiunto la maggiore età. Poi è successo qualcosa, come sempre in questi casi. “Il successo dà alla testa”. No, non è vero. Ci sono molti calciatori che, pur famosissimi anche in giovanissima età, sono riusciti a tenere a freno il proprio spirito e ad autogestirsi. Due nomi su tutti? Maldini e Totti, giusto per citare quelli più rappresentativi. Balotelli non è mai stato dotato di questa forza morale. Balotelli è uno di quegli uomini che non possono star fermi e che, dopo un’esperienza, da cui succhiano via tutto, vampirizzandola, ne devono trovare una nuova, che abbia un impatto più forte. Nel corso di questi anni si è perso il conto delle sue balotellate ma devono essere state tante e particolari, tali da garantirgli il titolo di “Uomo più interessante al mondo”, conferitogli dalla rivista americana Sports Illustrated nel 2013.

Ma Balotelli non è solo baciato dal talento più puro: ha anche una fortuna sfacciata. Probabilmente la dea bendata ha aperto gli occhi, ha visto questo ragazzo che pare una statua d’ebano e se n’è innamorata, continuando a fornirgli Balotelli-Mancinichances per rimettersi in gioco. E lui continua la sua vita, incurante dei sentimenti della Fortuna: sfodera la giocata d’alta scuola, commette una stupidaggine. Mancini l’ha chiamato e l’ha provocato. E Balotelli adora questo sovoir faire: non solo perché è un provocatore lui stesso, ma perché vuole essere continuamente punzecchiato, stimolato, pungolato. È baudelairamente annoiato, cerca sempre nuove, forti emozioni. Il ritorno all’Inter potrebbe essere una di queste. Perché, diciamocelo, probabilmente Balotelli non cambierà mai, ma scommettere su se stessi è ciò che inebria di più: ecco perché Mario vorrà tornare SuperMario. Per fare un dispetto a tutti, perché è quello che sa fare meglio. Insomma, tornare all’Inter e giocare al top sarebbe la sua ennesima balotellata. Solo che questa volta non lo rovinerebbe. Ma non diteglielo, altrimenti potrebbe cambiare idea.

 

 

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