EDITORIALE – Inter, autocritica della ragion pura

L’Inter ha concluso la propria stagione con il quarto posto e l’accesso diretto all’europa. Con la minuscola, perché conta, sì, ma meno dell’altra. C’è da essere soddisfatti, è il miglior piazzamento della squadra negli ultimi cinque anni. Il tifoso nerazzurro dovrebbe sentirsi appagato almeno in parte: negli anni precedenti eravamo più bassi in classifica, il Milan è dietro di noi e non disputerà l’Europa League a vantaggio di un sorprendente Sassuolo. Si vede il bicchiere mezzo pieno.

inter addio terzo posto

Invece no. Questa è stata l’ennesima stagione fallimentare. Il vero problema dell’Inter non sono i giocatori, il tecnico o il fair play finanziario, ma la mentalità. Mediocre. Quasi da provinciale. Inaccettabile per una società big che non è portata per restare a terra ma ha tutte le capacità per essere prince de nuées.

E’ adatta alla circostanza una delle frasi che ormai fanno parte del bagaglio della cultura popolare italiana: “Ha potenziale ma non si applica”. L’Inter si configura come lo scolaro che potrebbe puntare al massimo ma, per svogliatezza e imprecisione, si accontenta di poco. La rivoluzione tanto declamata deve iniziare proprio dal radicale mutamento della psicologia nerazzurra. Innanzitutto bisogna eliminare quell’aria da costanti vittime e il complesso di inferiorità nei confronti delle squadre più attrezzate (ad esempio, quest’anno, di Juventus, Roma e Napoli). Dopodiché, è necessario fissare obiettivi consoni a una grande squadra: non ha senso puntare al terzo posto, perché una squadra blasonata come l’Inter deve concentrarsi sempre per raggiungere il massimo traguardo possibile (poi può essere raggiunto o meno, ma le intenzioni devono essere nobili fin da subito).

Infine l’impegno da parte della dirigenza di costruire un gruppo competitivo, da parte del tecnico di assemblare quel mosaico gaudiniano e da parte dei giocatori di far funzionare tutti gli ingranaggi della macchina. L’Inter deve cambiare atteggiamento, altrimenti continuerà a gioire per piccole soddisfazioni (come il quarto posto) e a rilassarsi dopo aver svolto il compitino, appena appena sufficiente. Emblematico e da prendere a modello l’atteggiamento dei bianconeri in questa stagione: dopo una serie di risultati negativi (la striscia peggiore di sempre), la Juve non ha mollato ma si è rialzata con il fuoco negli occhi per mettere a tacere critiche e scherni. E l’ha fatto, vincendo il 5° scudetto consecutivo, il più inaspettato. Cosa avrebbe fatto l’Inter dopo un momento di forma così difficile? Probabilmente sarebbe collassata su se stessa, fagocitata dalle spaccature interne e coi tifosi. Dobbiamo imparare ad avere una mentalità, oltre al DNA, vincente. Almeno sulla carta. Altrimenti si rischia di entrare in un circolo vizioso: dopo questa stagione verranno sacrificati altri pezzi pregiati per far cassa e il riciclo continuo di qualità certo non fa bene alla squadra, che non colma il gap con altre formazioni.

Bisogna fare mea culpa e imporsi obiettivi di massimo livello. Solo così si può ritornare al top.

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