Suicidio Inter: l’addio alla Champions e quella mentalità da cambiare

Ennesima stagione fallimentare. Una stagione sciupata con l’ennesimo suicidio casalingo, con supponenza e approssimazione: una partita complicata, semplificata dal vantaggio su rigore, ma sprecata malamente da una gestione del gioco superficiale e deconcentrata.

Altra partita casalinga e l’Inter si scioglie come neve al sole: Lazio, Sassuolo, Carpi doveva essere un mantra da ripetere continuamente nella mente dei giocatori nerazzurri e Mancini, il timoniere, non è stato capace di mantenere compatto un ambiente che non ha l’umiltà per conquistare obiettivi importanti in un campionato composto da squadre ampiamente alla portata della rosa nerazzurra. La mentalità è un aspetto importante: Mancini sottolinea come la Juventus riesca a gestire le partite segnando un solo goal. Ecco la differenza: quando tutto è più semplice, l’Inter si complica la vita, in un meccanismo autolesionista e masochista. Grinta, concentrazione, umiltà, basi che mancano in questi giocatori che si rivelano mediocri ed incapaci di indossare una maglia come quella dell’Inter. E se giocatori di esperienza come Miranda entrano in un meccanismo di mediocrità e nervosismo sterile, allora la stagione si avvia a concludersi su livelli deludenti, così come gli ultimi anni della Beneamata.

Ljajic

Sei anni dal momento più alto della storia recente dell’Inter:  anni di apparenti rinascite e di cadute rovinose, ma senza un progetto tecnico e societario lungimirante e vincente. Obiettivo fallito, nuovamente: non resta che un deludente quarto posto da raggiungere, per evitare quei preliminari di Europa League dannosi per l’avvio di una stagione 2016/2017 che si aspetta burrascosa e piena di insidie.

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