Editoriale – Abbiamo trovato il tridente: carattere, sacrificio e qualità

Partiamo da un valido presupposto: se una squadra è in grado di combinare ciò che l’Inter ha fatto ieri sera, significa che ci sono tutte le qualità che dovrebbero esserci in un gruppo ritenuto valido  a sufficienza per conseguire gli obiettivi che ci si propone. L’Inter di ieri sera è stata stratosferica, ha reso nulli giocatori sempre idolatrati, gli altri, scoprendo di poter contare sui propri uomini, forse sottovalutati e troppo criticati, ma mai così in palla come nei 120 minuti di ieri. Perché? È un discordo di testa? Fiducia? Motivazioni? Probabile. Certo, la classica partita della vita, prima o poi, la disputano tutti, ma se nelle ultime partite si fosse visto almeno il 60% di quanto visto ieri, la classifica nerazzurra reciterebbe ben altro. Le vacche magre degli ultimi due mesi sarebbero state evitate. Non era necessaria una sola batosta? Serviva veramente raschiare il fondo così in profondità? 

Abbiamo fatto venire alla luce così tanto i nostri limiti, come la mancanza di regia e qualità generale a centrocampo, che avevamo dimenticato quali fossero le nostre risorse, come un armamentario offensivo ricco, vario e profondo che molte poche squadre possono vantare oltre a noi. Abbiamo avuto la fretta di puntare il dito contro gli errori di D’Ambrosio e Nagatomo, per poi riscoprirli affidabili e duttili. Già non si trattenevano più le ululanti proteste per i costi di Kondogbia e Perisic, che abbiamo finito con l’essere stupiti dalla loro recente crescita e dalle qualità che finora hanno nascosto troppo a lungo. Dove sono le cause di queste (ris)scoperte ritardate? Ovunque. Sono nei giocatori stessi, che si sono forse cullati troppo su quanto fatto nei primi mesi e non hanno poi mostrato la dovuta compattezza nelle avversità, lasciandosi prendere da paura e sconforto. Stanno nell’allenatore, che non ha dato certezze stabili e forse non ha troppo investito nella qualità dei suoi interpreti, reputandoli forse inadeguati a un certo punto.

Mancini è arrivato a pensare che per affrontare la squadra più forte d’Italia servisse un arroccamento di 8 giocatori difensivi più due solissime e isolatissime punte. Ha creduto che la qualità non servisse, quando invece la qualità nel calcio è tutto, sta alla base per avere successo e gloria. Forse perché non la intravedeva nei suoi uomini, o forse perché i giocatori non gli avevano dato modo di capire e vedere se ci fosse dell’altro dietro la qualità:  il carattere, la personalità, il sacrificio, la dedizione per affrontare certe partite, aspirare a determinati traguardi. In effetti fino a ieri non si vedeva nulla di tutto ciò, ma poi tutte queste caratteristiche sono spuntate con prepotenza e veemenza. E i risultati si sono visti.

E si vedranno ancora se saranno fatte le giuste scelte nelle prossime partite. Contro chiunque e in qualunque contesto. Vogliamo la qualità dei tanti attaccanti che abbiamo in rosa in campo e non sbattuta malinconicamente in panchina. Vogliamo dai giocatori quel sacrificio necessario per far in modo che la qualità non venga vista come qualcosa di non supportabile. Vogliamo vedere rincorrere gli avversari e mordergli le caviglie. Vogliamo vedere carattere nelle difficoltà e nelle situazioni di impazienza, vogliamo vedere consapevolezza nei propri mezzi, nella possibilità di recuperare un goal o rimontare una partita. Vogliamo vedere un carattere che consenta di non demoralizzarsi dopo un rigore sbagliato o un goal preso al novantesimo. Perché poi ci sarà un novantunesimo minuto a disposizione o una nuova partita per riscattarsi. Perché ogni partita ha una sua storia e se con Palermo e Bologna non si vedrà nulla di tutto ciò, questa semifinale rimarrà un ricordo sbiadito.

Carattere, sacrificio e qualità: con questo tridente si possono battere tutti. 

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