Semifinale, ma come, l’Inter non era morta?

La rabbia di Mancini, sia che essa sia contro il quarto uomo o addirittura contro Maurizio Sarri la dice lunga, l’Inter è viva ed è molto più sana di quanto si dica.

Attenuanti, la critica dirà ha vinto in Coppa Italia mica in campionato, un po’ come quando tra giocatori parte l’insulto “ma dove hai mai giocato?“, ebbene la prima risposta arriva da una voce flebile che veste il nerazzurro, “sono Stevan Jovetic, ho il dieci nel teatro del Dieci”.

Il calcio è bello anche per le storie che cambiano in due giorni, domenica Jovetic era irritante, impalpabile e irriverente, non vede Icardi si diceva e si dice, magari anche a ragione, ma oggi Mauro non c’è e Stevan prende palla, guarda Reina e la piazza dove solo i campioni riescono a far gol. Non dimentichiamolo, il San Paolo ha visto il 10 più grande del mondo, ma la storia è bellissima, negli anni di Maradona l’Inter rispondeva con Matthaus e allora perché non incantare Napoli?

Poi però il vero dieci dell’Inter ha altre sembianze, non gioca ma sente il nerazzurro molto più di quanto dicano i nemici, ha il dieci perché lo ha sempre indossato, ha il ciuffo ribelle e una rabbia, la tipica cazzimma napoletana, che si riconosce ai campioni, si chiama Roberto Mancini e oggi ha ridisegnato Maurizio Sarri.

Vero, verissimo, è solo una gara di Coppa Italia, ma questa è la stessa Inter in crisi in campionato, data per morta, spacciata, sorpassata e fallita, peccato che il calcio riesca a ridisegnare parabole impossibili come l’amore e certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano, e tra Mancini e la coppa niente è impossibile, anche affrontare a muso duro Sarri e l’intera critica.

Per Mancini il messaggio è chiaro: se avesse voluto fare un mestiere facile mai avrebbe allenato l’Inter.

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