L’importanza di chiamarsi Perisic

Ivan Perisic è stato il tormentone dell’estate nerazzurra, voluto a tutti i costi da Mancini sta confermando la bontà del suo acquisto.

Contro l’Empoli Perisic ha deciso la gara con una fiammata, dal suo cross è nato il gol di Icardi, poi dopo il vantaggio ha fatto il “tuttocampista“, su e giù per il campo fino a sfinirsi, facendo quel lavoro sporco che spesso passa inosservato per l’assenza dal tabellino dei marcatori.

Perisic vuol dire anche esperienza internazionale, cosa che manca al giovane Ljajic, le 36 partite in campo internazionale contro le 19 dell’ex romanista si fanno sentire, specie per chi ha calcato palcoscenici importanti come Borussia Dortmund e Wolfsburg, sempre da titolare.

Il paragone con Ljajic nasce poi da quello che Adem dovrebbe imparare da Perisic, la squadra prima di tutto, con una duttilità tattica che potrebbe far fare al numero 44 qualsiasi cosa, dal ruolo di prima punta a quello del trequartista, passando poi largo sulla fascia dove nell’uno contro uno è tra i migliori. Il numero 22 nerazzurro non manca certo dell’abilità di adattarsi, ma ieri, come in altre occasioni, è apparso poco concreto, evanescente, come invece il croato non è.

Non a caso Perisic riesce ad ispirare Icardi, dimostrandosi tra i più esperti nell’Inter, in attesa che anche Jovetic possa carpire qualche segreto del croato.

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